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Sentenza Sarri-Mancini, una farsa Napulitaliana

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Due giornate di squalifica – da scontare in Coppa Italia – e 20 mila euro di multa per Maurizio Sarri, 5 mila euro (a tanto ammontano l’“atteggiamento intimidatorio nei confronti dell’allenatore della squadra avversaria che l’aveva insultato” e l’“espressione irriguardosa rivolta al Quarto ufficiale negli spogliatoi”) per Roberto Mancini. Così ha deciso il giudice sportivo. Punto.

Tanto rumore per poco, quindi: “So’ ragazzi – ha pensato Gianpaolo Tosel valutando il delicato caso dei 109 enni in due – non facciamone un dramma”, e così è stato: addio a due match da 118 spettatori – se va bene – per il recidivo Sarri (“…crescendo capirà…”), una tiratina d’orecchi per quel discolo di Mancini. Una pacchia, insomma, altro che quattro mesi lontano dai campi a maturare!… Giustizia è fatta?

Ma certo che sì. Sarebbe stato equo fare altrimenti, secondo voi? Far diventare improvvisamente serie le regole di un Paese ridicolo? E perché farlo proprio quando il colpevole è l’allenatore del Napoli e non il pezzo grosso di qualche grassa società? Dai, sarebbe stato un gesto gravissimo nei confronti di una città meravigliosa, diciamolo, di un popolo straordinario e di una tifoseria fantastica. Non solo: sarebbe stata la prova provata della Grande Cospirazione Internazionale che ha eletto Napoli a sua vittima preferita fin dai tempi dell’Età del bronzo.

Non sia mai. Bravo giudice, ha ragione! Fra due cose ridicole, infatti (la sentenza appena emessa e la Teoria del complotto avvalorata da un improvviso slancio di serietà) è sempre saggia regola scegliere quella meno dannosa per tutti.

Così è l’Italia. Mica la può cambiare Tosel.

Enrico Steidler

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