Ora la Coppa Italia conta tanto?

Sembra essere lontano il periodo in cui la Coppa Italia veniva vissuta come una sorta di fastidio e di ostacolo. A pensarlo erano, seppur non dichiarandolo apertamente, gli allenatori, in preda a calendari ricchi di impegni e praticamente con un’impossibilità evidente di allenare la propria squadra. Lo pensavano anche i tifosi, che di certo non facevano la corsa al biglietto, se non per big match e finale. Ora però tutto è cambiato.

La Coppa Italia pare essere diventata un qualcosa che conta davvero. Basterebbe osservare le semifinali per saperlo: la furia di Allegri nei minuti finali della semifinale di ritorno contro la Lazio, la grinta stessa dei biancocelesti nel cercare la grande rimonta e l’impresa, la determinazione con cui Atalanta e Fiorentina hanno provato ad accedere all’atto finale. Insomma, tutti se la sono giocata, nessuno ha pensato ad altro e a qualche eventuale e possibile conseguenza. Anche perché, va detto, molto spesso, gli infortuni possono essere dietro l’angolo e mettere a rischio altri impegni, magari da qualcuno considerati più importanti. Ma che cosa ci sta dietro ciò?

Rispondere non è così complicato e difficile. Difatti portare a casa un trofeo è sempre e comunque una cosa che conta, soprattutto per chi difficilmente vince qualcosa o comunque non conosce la parola trionfo da troppo tempo. Fin troppo semplice pensare alla Juve, a cui una vittoria in una competizione manca da tre anni. Tanti, per chi comunque è sempre stato abituato a farlo con costanza e continua. Importante però non commettere un errore: un cammino di sole cinque partite non può essere usato come giudizio e parametro di valore di un’intera stagione, che dura mesi e mesi. Insomma, la Coppa Italia non salva un’annata. La razionalità questo porta dire. Ma, statene sereni, succederà il contrario. Perché nel calcio, specie quello di oggi, di razionale c’è davvero molto poco. E forse, chi ha cambiato valutazione, lo sa davvero molto bene. E lo usa a suo scopo e piacimento.