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Serie A, la carica dei trentenni: passato, presente e futuro dei tecnici italiani

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ROMA, 9 NOVEMBRE – C’era una volta il tempo degli allenatori che rivendicavano il loro tipico, unico marchio di fabbrica. C’era chi raccoglieva giovani talenti, li trasformava in calciatori a suon di duri allenamenti e rigida disciplina. C’era, poi, chi apportava, di volta in volta, qualche più o meno nuova innovazione tattica, a cui potevano attribuirsi pagine nella storia del calcio. E chi, ancora, faceva del bel gioco e del divertimento un diktat calcistico più efficace di qualsiasi altro metodo. C’era il tempo dei primi allenatori stranieri, fautori di nuovi credo provenienti da terre lontane, in tempi di maggior chiusura rispetto ad oggi.

MOURINHO L’ESEMPIO – Con il tempo c’è chi è rimasto ancora tra i più competitivi sul palcoscenico mondiale, vedi Trapattoni, chi ha dovuto rinunciare, incapace di adeguarsi ai tempi che corrono. E c’è chi è stato ispirato dai corsi e ricorsi storici ad adottare un nuovo stile. Non un vero e proprio credo, non una vera e propria innovazione, ma un nuovo modus operandi, un metodo che non conosce punti fermi, tranne una sola eccezione. Quest’unico irrinunciabile punto fermo è l’aspetto motivazionale, psicologico, di gestione delle risorse umane. Per tutto il resto il campo rimane aperto alle più mutevoli e disparate soluzioni tattiche, pronti a cambiare anche in corsa se necessario. Chi altro meglio di lui  può incarnare il nuovo che avanza, che ispira, se non Josè Mourinho. Eppure anche il portoghese iniziava la sua carriera con un preciso stampo tattico, quel 4-3-3 che tanto aveva fatto impazzire i tifosi del Porto prima, e del Chelsea poi. Poi arrivò l’Italia, l’Inter, e si comprese come un’allenatore moderno, vincente, dovesse saperne un pò di tutto, saper cambiare, adattarsi all’avversario, al contesto, alla rosa a disposizione.

[smartads]

NUOVA ARIA CHE TIRA A COVERCIANO – Da qual momento la figura del nuovo manager di football ha iniziato a spogliarsi dalle vecchie vesti, trite e ritrite. Ora è un pò psicologo, un pò tattico, un pò padre e un pò allenatore. E questa nuova aria si respira già da tempo in Italia, a Coverciano, e di riflesso tra gli allenatori della Serie A. Tra questi ultimi l’età media si è abbassata, segnale del nuovo che avanza, del vecchio che si conforma e dei tempi che cambiano.

Prima regola, imprescindibile, è che non c’è una sola regola. Seconda regola, altrettanto importante, è che non basta saper far funzionare una squadra con un modulo, o due, adattando i giocatori alle proprie idee. Deve necessariamente invertirsi la rotta, abituare la mente manageriale ad adattare le proprie idee di gioco rispetto ad una serie innumerevole di variabili. Sicchè il primo compito di un allenatore è quello di mettere in campo non uno dei rigidi 4-4-2, 3-4-3, 4-2-3-1, ma l’idea di gioco migliore, vincente. Non basta saper solo di una tattica, allenare in settimana a sapersi esprimere solo per quel tipo di gioco. Tutto il contrario.

MENTAL COACH – Terza, ultima, ma non meno importante regola: saper allenare la mente dei calciatori. Primo esempio che sovviene nella storia è la capacità di Helenio Herrera, detto il Mago,  di mettere in mostra tanto doti di stratega quanto di motivatore. Era colui che tappezzava gli spogliatoi della sua squadra di frasi motivazionali, per caricare i suoi prima delle partite. Questo è l’aspetto fondamentale per chi crede che tutto, compreso il vigore atletico e lo spirito di competizione, parte dalla testa. Chi sa leggere nella “testa” dei giocatori, ha più chance di farne uscire il meglio, in campo e fuori, di farsi seguire come un soldato che segue il suo condottiero in guerra, pronto alla morte.

MONTELLA E STRAMACCIONI – Gli esempi più lampanti che attualmente ci offre il campionato italiano si chiamano Andrea Stramaccioni e Vincenzo Montella. Due storie diverse ma che si intrecciano fra loro. Quando all’aeroplanino fu proposto di allenare la Roma, in sostituzione di Ranieri, ricopriva il ruolo di tecnico degli Allievi giallorossi, mentre a Stramaccioni era affidata la Primavera romanista. Curiosamente poco tempo dopo “Strama”, accasatosi all’Inter, si vide affidare la panchina dal presidente Moratti proprio al posto di Claudio Ranieri. Precisamente durante la loro comune esperienza a Roma è sbocciata una stima che va al di fuori dell’ambito calcistico. A rivelarlo è proprio Stramaccioni: “Devo svelare un segreto: una delle persone che più mi è stata vicina nella mia ancora giovane carriera è Vincenzo Montella. È una sorta di mio procuratore: mi ha consigliato quando sono andato via dalle giovanili della Roma ed è una delle prime persone che ho sentito quando il presidente Massimo Moratti mi ha consegnato la prima squadra. Vincenzo è il top per me, lo stimo tantissimo, prima come uomo poi come allenatore: in questo momento è uno dei migliori allenatori italiani sul mercato“. Ad accomunarli non è soltanto la comune esperienza nelle giovanili della Roma. Entrambi incarnano la figura dell’allenatore trentenne, moderno, italiano, apprezzato in patria quanto all’estero. Propongono bel gioco, Montella alla Fiorentina con l’interno organico, Strama soprattutto col reparto offensivo. Sono stati artefici di una completa e delicata ricostruzione del club di appartenenza, intervenendo sull’aspetto umano, tecnico e tattico. Sono entrambi allenatori “tuttofare”, senza dimenticare il loro comune aspetto motivazionale. Il mister romano, a tratti, in conferenza stampa sembra ostentare la stessa sicurezza e convinzione di Mourinho, e lo stesso vale per il napoletano, che già dai tempi di Roma ha dimostrato di possedere un carattere per niente fragile. Entrambi hanno recuperato giocatori in declino agendo soprattutto sull’aspetto mentale, conquistando la stima dell’intero spogliatoio, della società e dei tifosi.

Questo è il messaggio che si vuole passare agli allenatori italiani del futuro. La speranza che tutti serbano è che la qualità dei manager nostrani raggiunga traguardi prestigiosi e si faccia conoscere in tutto il mondo come il nuovo che avanza. E si spera che i due sopra citati non saranno gli unici esempi.

a cura di Gaetano Galotta

La redazione del magazine che ha fatto la storia del giornalismo sportivo online moderno

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