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Football

Overvaluation – Tiago: la storia di un uomo sbagliato al momento sbagliato

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TiagoTORINO, 14 FEBBRAIO – Si ripartiva da lì. Con le scorie di Calciopoli ancora da smaltire e le macerie da sgombrare dopo il campionato di Serie B, il primo della storia ultracentenaria della Juventus. Era tempo di risalire la china, di tornare a misurarsi nel massimo campionato italiano con l’eccellenza nazionale, lei, la Vecchia Signora che di quella eccellenza era stata sempre parte sostanziale, lei, la più amata e decorata in Italia. Nella Juve di Cobolli, Secco e Blanc si era scelto di rivoluzionare il volto della difesa e del centrocampo. Le stesse impellenze non riguardavano il reparto offensivo che poteva contare sul tandem collaudato Del Piero-Trezeguet. Tuttavia arrivò Iaquinta dall’Udinese per rimpolpare l’attacco.
Era il tempo in cui la locuzione spending review avrebbe fatto venire in mente, magari, il titolo di un nuovo telefilm americano e poco altro. Almeno solo così può trovare una parziale giustificazione la spesa di 10 mln di euro € per Jorge Andrade (4 presenze in due anni). Ma il pezzo (prezzo!) forte di quella sessione estiva di mercato fu rappresentato dall’acquisto di un portoghese elegante, sostanzioso ma intelligente. Tiago Cardoso Mendes, il suo nome. Braga, Benfica, Chelsea e Lione, le sue squadre. Una Coppa di Portogallo, la vittoria di un campionato di Premier League e di due campionati di Ligue 1, il suo palmares. 26, i suoi anni. 15 mln, il prezzo del suo cartellino. Che poi a leggerla in questo modo, a sentire Mourinho che lo aveva voluto al Chelsea e a vedere qualche video su YouTube si pensò di aver acquistato l’uomo giusto; ma la storia si fa ispirare da concetti diversi, ed ecco che quel giocatore finisce dopo un lustro in questa rubrica.
La deflagrazione rumorosa del suo flop avviene presto, prestissimo. Tanto da diventare una riserva per l’avvio di campionato. E quel presunto ritardo di ambientamento nasconde un limite caratteriale netto, di cui si era accorto Claudio Ranieri che, infatti, a centro del suo centrocampo a 4, preferisce la coppia Nocerino-Zanetti. In panchina invece siedono Tiago e Almiron: 24 mln in due, improvvidi se si pensa alla similarità nella funzione di gioco che avrebbero assunto nel centrocampo ranieriano. Così, un esperto regista di centrocampo dalla seconda, florida, giovinezza come Cristiano Zanetti e un giovane promettente come Nocerino furono gli uomini a cui il tecnico testaccino affidò le chiavi del centrocampo, almeno fino a gennaio, quando poi sarebbe arrivato Sissoko – questo sì acquisto riuscitissimo – che avrebbe rilevato il giovane Antonio. Nella prima stagione lo score di Tiago è a dir poco deludente: delle 20 presenze in campionato, solo in cinque occasioni gioca tutti i 90′.
In estate la Juve vuole cederlo: sono tante le piste che Secco allaccia con i club interessati al portoghese ma ogni volta puntuale arriva il diniego di Tiago a far saltare tutto.
La stagione successiva si apre in maniera diversa. La prima parte di campionato della Juve è convincente e sugli scudi c’è Tiago che insieme a Sissoko compone la coppia di centrocampo con la quale la Juve batte, tra le altre, Roma e Real Madrid. È il suo momento. Il suo impegno, il suo nuovo piglio, più spregiudicato, gli valgono gli elogi del mister e della dirigenza. Ma il periodo d’oro – suo e della Juve – si interrompe contro l’Inter, quando dopo uno scontro di gioco rimedia un infortunio che lo tiene lontano dal campo per quasi due mesi. Ritorna nel nuovo anno e, anche se fatica a ritrovare la forma migliore, si impone su livelli accettabili e insieme al partner di reparto, Marchisio, dati gli infortuni di Sissoko e Zanetti, traghetta la Juve verso il secondo posto in campionato.
Intanto per la nuova stagione, Ferrara, che intanto aveva rilevato in panchina Ranieri, propone un nuovo modulo di gioco per fare posto a Diego, il nuovo trequartista, e metterlo così nelle migliori condizioni per far bene. Il centrocampo quindi passa a rombo, con Felipe Melo vertice basso, Sissoko e Tiago (o Marchisio) come mezze ali, e, appunto, Diego come vertice alto. Quella che sulla carta si profilava un’architettura intelligente e funzionale con uomini di prim’ordine in ogni ruolo – e lo fu per la primissima parte di stagione – naufragò sul prato verde. Sul banco degli imputati finirono presto i nuovi arrivati e Tiago, autore di errori pacchiani, di un rendimento molto sotto la sufficienza e di una tenuta caratteriale fragilissima. La bella parentesi dell’anno trascorso sembrava dimenticata e il portoghese fu messo ai margini del progetto alla fine di dicembre. Ebbe il tempo di collezionare dieci presenze, nove delle quali per spezzoni di gara. Fu tra i giocatori che vissero il punto più buio della storia bianconera, e lui come gli altri finì per essere schiacciato da un peso di responsabilità gravoso. La sua ultima gara alla Juve fu la gara casalinga persa col Catania per 2-1. A gennaio si trasferisce all’Atletico Madrid in prestito gratuito con diritto di riscatto fino a fine stagione, quindi viene rinnovato il prestito per un anno, oneroso di un milione di euro. Nell’estate 2011, nonostante le convincenti prestazioni, i colchoneros decidono di non riscattare il giocatore. Il suo rientro alla Juve per l’ultimo anno di contratto sembrava improponibile anche senza le plurime dichiarazioni al vetriolo che il centrocampista non si era fatto mancare di far pervenire a Torino. La risoluzione consensuale fu il passo obbligato di un matrimonio mai sbocciato e il 19 luglio ne venne sottoscritto lo scioglimento. Fu salutato un giocatore che, per insipienza o per sfortuna o per entrambi i fattori, non riuscì a mantenere le premesse di eleganza ed equilibrio: Tiago pavido, timido, insicuro, mediocre e il suo ricordo è sembrato annacquarsi poco prima di svanire: così mentre la fenice rinasce e si innalza in volo, la cenere rimane a giacere, poi basta un soffio, leggero, e rimane niente.
Giuseppe Alessi
Twitter: @galessi90

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