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Kakà, emblema di un mercato elettorale: paga Allegri


Massimiliano Allegri, in bilico sulla panchina del Milan
Era il 2001, la Juventus vendeva Zidane, per i tifosi bianconeri la fine di un’era e di una Vecchia Signora ai massimi livelli. Depressa per due scudetti sfumati all’ultima giornata, l’addio del francese fu la mazzata finale: in 2 mesi arrivarono Buffon, Thuram e Nedved, per citarne 3. Vinsero due scudetti ed una finale di Champions persa solo ai rigori. Correva l’anno 2009, nella stessa estate Milano perdeva Kakà ed Ibrahimovic: il primo segnava la fine di un’altra era, ancor più dorata e luccicante. Arriveranno Huntelaar, Borriello e si punterà ancora su Ronaldinho: un fallimento. Dall’altra sponda del Naviglio, l’Inter incassava e prendeva Eto’o, Lucio, Sneijder, Thiago Motta e Milito: tutti sanno come finì. Ci penserà Ibrahimovic nel 2010 a riportare il Milan alla conquista di un trofeo, l’unico del post-Kakà. 5 anni dopo, i rossoneri scelgono di ripartire proprio dal n.22 per tornare: a vincere?
IL MILAN DI ARCORE, IL MILAN DI ALLEGRI: DUE MONDI AGLI ANTIPODI – Trovare le differenze fra questi 3 esempi sarebbe troppo semplice, tanto lampanti sono i risultati conseguiti. Il ritorno al vecchio, 5 anni dopo lo straziante addio: il Milan affonda, ma il paradosso è che l’unico a salvarsi è proprio il brasiliano. Sorprendentemente brillante, decisivo, a tratti Kakà. Come se 4 stagioni di calvario non fossero mai state vissute, tra pubalgia e panchine. E allora perché il Milan è a 4 punti dalla serie B e a 15 dalla zona Champions? A 9 dall’Europa League? Perché con Balotelli, Robinho, Pazzini, El Shaarawy, Niang si è deciso di portare nell’affollato ed ottimo reparto anche Saponara, Birsa, Matri ed appunto Kakà? Abbiamo troppa stima di Galliani per pensare che reputi all’altezza del club più titolato al mondo Zaccardo, come prima scelta dopo i già non affidabilissimi Zapata-Mexes, visto il lungodegente Bonera. E che il Milan si aggrappi al recupero di quest’ultimo per risollevare le sue sorti, è tutto dire. Il colpo di fortuna che potrebbe sistemare un disastroso reparto arretrato giunge da Valencia, con Rami che rompe con l’allenatore ed arriva a gennaio come salvatore della patria. Si è puntato su Silvestre, sul giovane Vergara, mandando via Yepes: forse l’unico lontanamente affidabile dei centrali rossoneri sino alla scorsa stagione. La situazione sugli esterni è ancor più drammatica: Abate e De Sciglio, poi il nulla. Costant, Emanuelson, in alternativa Zaccardo sulla destra. Via Antonini, rinato a Genova ed ai margini lo scorso anno. Il centrocampo è un insieme di muscoli senza cervello, eccetto Montolivo, forse caricato di responsabilità di cui mai si è dimostrato all’altezza nel corso della sua carriera da eterna promessa: Muntari, Poli, Nocerino e De Jong. Un tempo Kakà si girava e riceveva palla da Pirlo, Seedorf e Rui Costa. Il Milan, per il brasiliano, verserà oltre 20 milioni di euro fra netto e lordo in due stagioni: sommati ai 12 spesi per Matri, ad oggi un terribile ed inutile flop, con l’ingaggio dell’ex Juve Galliani avrà speso una cifra superiore a 40 milioni di euro per un reparto che già annoverava i sopra citati Balotelli, Pazzini ed El Shaarawy. Senza dimenticare Robinho e l’arrivo di Honda a gennaio. Anche alla versione di Zeman più spericolata possibile sarebbe parso evidente lo spreco di danaro riversato in un reparto affollato piuttosto che in quello mediocre e spuntato della difesa. E allora, la domanda nasce spontanea: perché?
Per avere un ritorno di immagine in questi anni bui, per riaccendere l’entusiasmo tra i tifosi depressi, per avere un motivo valido tramite il quale cacciare Allegri: quale di queste tre opzioni? Perché si pensava fosse il bene del Milan no, proprio non riusciamo a pensarlo: per rispetto di Galliani e della sua intelligenza.
Orazio Rotunno
