Calcio Estero
Chelsea e Di Matteo: quando nemmeno la Champions vale una garanzia

LONDRA, 21 MAGGIO – Probabilmente nemmeno la più clamorosa delle imprese nella storia del Chelsea riuscirà a intenerire il gelido Roman Abramovich. Roberto di Matteo, che da vice di Villas Boas era stato promosso allenatore dei Blues a marzo, era arrivato in veste di traghettatore. O almeno così lo vedeva Abramovich: quello che il magnate russo non aveva previsto è però lo straordinario finale di stagione che la strategia dell’umile tecnico italiano ha regalato a Terry e compagni.
LA RINASCITA – Quando il 14 marzo Di Matteo diventa primo allenatore, in seguito all’esonero di Villas Boas, la situazione non è delle migliori. Alla disastrosa stagione in Premier League, dove il Chelsea è ben lontano dalle posizioni che contano, si era infatti aggiunto un pesantissimo 3-1 subito dal Napoli negli ottavi di Champions. Un Abramovich disperato più che mai tenta quindi di cambiare tutto, liberando Villas Boas e promuovendo Roberto di Matteo che fino ad allora aveva fatto il vice del tecnico portoghese.
Senza promettere niente, ma con il vantaggio di non avere nulla da perdere, l’ex allenatore del West Bromwich inizia ad inanellare successi chiave, soprattutto in campo europeo: al 4-1 sul Napoli che ribalta il risultato dell’andata si aggiunge l’impresa nelle semifinali contro il Barcellona, con l’accesso alla finale di Champions. In campionato le cose non vanno altrettanto bene, ma gli occhi sono tutti puntati sulla Finale dell’Allianz Arena: Di Matteo mette la firma pure qui, in un mese di maggio che resterà per sempre nella storia del Chelsea, indelebilmente segnato da due settimane d’oro che hanno visto i Blues conquistare prima la F.A. Cup e poi la loro prima Champions League.
IL FUTURO – Sicuramente ora per Abramovich sarà più difficile liquidare la pratica Di Matteo. Innanzitutto perchè l’umore è ben diverso: grazie alla vittoria in Champions il Chelsea è ora direttamente qualificato alla fase a gironi della prossima stagione, cancellando rapidamente l’umiliazione del 7° posto in Premier. E non si può nemmeno dimenticare la vittoria in F.A. Cup sul Liverpool. Per quanto si facciano quindi i nomi di Capello o addirittura Guardiola, abbandonare così Di Matteo potrebbe rivelarsi un errore: sai quello che lasci, ma non quello che trovi. O meglio, sulle caratteristiche di tecnici affermati quali appunto Capello e Guardiola ci sarebbe ben poco da scoprire, ma tra squadra e allenatore non sempre si trova quel feeling che dovrebbe esserci. Ad Abramovich, da sempre un amante dei nomi altisonanti piuttosto che degli umili, la scelta più difficile: il cuore che dice “Capello”, la testa che urla “Di Matteo”.
Matteo Brutti
