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Napoli intona: “Ciao Edi, guarda come mi diverto”
Pubblicato
7 anni fa|

“Ciao Edi, guarda come mi diverto”: sì, adesso sì. Napoli può iniziare ad intonarlo. Senza paura e terrore di smentita. Perché comunque vada il nuovo giocattolo costruito da Aurelio De Laurentiis, il nuovo corso ha fatto dimenticare in fretta una delle cessioni più dolorose assieme a quella di Lavezzi nelle ultime stagioni. Cavani non c’è più, ma Napoli non se ne accorge. Perché Napoli ha cambiato volto e capito che anche senza l’uomo capace di decidere l’esito delle gare partenopee nove volte su dieci, la parola “sogno” può essere abbinata a “vittoria” in modo molto semplice: giocando a calcio diversamente.
LA NUOVA NAPOLI – Precisazione: non che la squadra, con Mazzarri e Cavani, abbia giocato male. Anzi. Eppure, con l’arrivo di Benitez e l’allestimento di una squadra fisiologicamente molto diversa, pur senza snaturare troppo, si gioca a calcio in modo differente. Senza aggrapparsi al singolo o alla rete del “Matador”, che in un mese critico nella scorsa stagione ha messo in seria difficoltà una squadra, che nella mentalità affiorava il problema, non capendo come reagire nei momenti-no del proprio terminale offensivo. Un problema che portava gli azzurri ad esaltarsi nei momenti topici e perdersi in un bicchier d’acqua nelle gare alla portata, spesso rivelate come tanti tranelli decisivi per la restante parte della stagione.
L’ARTE DEL TURN-OVER – Benitez ha cambiato poco e ha cambiato tutto: modificando la squadra nei reparti essenziali, proprio laddove gli interventi erano necessari, e stravolgendo il modo di pensare il calcio. Intanto approntando un sistema di turn-over quasi sconosciuto negli ultimi anni in quel di Fuorigrotta: il blocco di 13-14 giocatori, che alla lunga non può pagare per ovvi motivi fisici, non esiste più. Rafa ha già una sua base sulla quale impostare il lavoro, idee chiare che però fanno ruotare tutti. Magari cambiando due o tre uomini alla volta e dando così il giusto spazio a tutti: creando gerarchie, ma allo stesso tempo non escludendo nessuno dal progetto. Perché è giusto così.
L’ORCHESTRA PARTENOPEA – E perché se Cavani oggi non c’è, il problema non sussiste più. L’uruguaiano è sicuramente uno dei centravanti più forti al mondo, candidatosi come uno degli addii più pesanti della storia: ma il mercato ha fatto sì di non sentire tutta questa differenza. Perché il Napoli, dopo aver bazzicato tramite tanti assoli del suo fenomeno, adesso suona come un’orchestra uno spartito bello da sentire e da far apprezzare ad un pubblico meravigliato. Davanti, adesso, possono segnare tutti. Da un Hamsik scatenato già a quota 5, spuntano le new-entry Callejon e Higuain a 4, con Pandev a 3 e Lorenzo Insigne che ha già gonfiato la porta una volta: questi sono i fatti per una fase offensiva che vede tutti protagonisti, compresi Dries Mertens, che non segna, ma sa il fatto suo e il giovane Duvan Zapata, meglio distribuito rispetto alla precedente esperienza di Vargas e che con il tempo inizia a prendere confidenza con la Serie A.
MAZZARRI-BENITEZ: PARI, MA… – Eppure il bottino, rispetto alle scorse prime sette giornate, è identico: sei vittorie ed un pareggio. Allora fu il Catania a fermare al Massimino la squadra campana, quest’anno è toccato al Sassuolo. Eppure è cambiato molto: giudicare ad ottobre semplicemente dai numeri è frutto di ingenuità. Napoli è soddisfatta: la squadra gioca un bel calcio, fatto di scambi, tocchi di prima e frutto di un nuovo tipo di interpretare questo splendido gioco. Il rientro prevede la Roma, lo scorso anno mise di fronte la Juventus. È una sfida alle prime, per tentare di spuntarla grazie alla nuova fiorente annata.
CIAO EDI! – E mentre Cavani segna tanto, ma gioca meno, nella carenza affettiva di una calcisticamente triste Parigi, dovendosi scambiare il testimone con Ibra, Napoli festeggia con un inno al divertimento di un calcio produttivo, ma molto più piacevole. E in attesa dell’Olimpico, quel campione con la sette sulle spalle è solo un lontano, seppur gradevole, ricordo: “Ciao Edi, guarda come mi diverto”.
Marco Fornaro
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