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Editoriale

Il declino del pallone globale: dal testimonial CR7 al flop del Mondiale per club

Cristiano Ronaldo rinnova con l’Al Nassr a cifre folli, ma è ancora un calciatore o solo un testimonial del calcio arabo?

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Cristiano Ronaldo

Guardi le notizie degli ultimi giorni e pensi che in fondo è proprio vero: il calcio moderno è qualcosa che non ti rappresenta più. E non è per populismo, per qualunquismo, per dire qualcosa che troverà facilmente il plauso della maggioranza. Ma è proprio così: a volte questo calcio non lo riconosco più.

O meglio: lo riconosco fin troppo bene. Per l’editoriale di oggi allora non guardiamo il calcio nostrano, che pure di polemiche, di assurdità, di follie ne avrebbe a bizzeffe. Ma guardiamo al resto del mondo. Quello Arabo, dove Cristiano Ronaldo ha smesso di fare il calciatore (praticamente…) per diventare testimonial. Quello americano, con il flop del Mondiale per Club, una competizione che importa solo per i milioni.

Cristiano Ronaldo rinnova con l'Al Nassr. Fonte foto: FanPage

Cristiano Ronaldo rinnova con l’Al Nassr. Fonte foto: FanPage

Dalla leggenda a testimonial: il nuovo contratto di Ronaldo

La notizia è questa: Cristiano Ronaldo ha rinnovato con l’Al Nassr. Una notizia che, qualche anno fa, avrebbe acceso i riflettori su una carriera infinita, sull’ambizione di un campione che non si arrende mai. Oggi, invece, suona come la conferma definitiva che il calcio è diventato una questione di portafogli, non più di gloria. Anzi: di testimonial. Il portoghese, a 39 anni, proseguirà la sua avventura dorata in Arabia Saudita per altri due anni. Stipendio monstre, cifre mai confermate ufficialmente ma che ballano tra i 200 e i 300 milioni l’anno, tra ingaggi diretti, bonus e accordi commerciali. Ma il punto non è quanto guadagna: il punto è perché. Perché un simbolo del calcio europeo, un cinque volte Pallone d’Oro, decide di passare gli ultimi anni di carriera a giocare partite anonime, in stadi semivuoti, in un campionato che, al netto dei colpi di mercato, resta lontano anni luce dai palcoscenici veri?

La risposta è amara, ma in fondo semplice: il calcio non è più un sogno, è un business. Ronaldo non è più un giocatore, è un asset. Un marchio. Un uomo che si allena con la stessa disciplina di un ventenne, ma che oggi corre per le banche, non per la Storia. E fa bene, probabilmente, dal suo punto di vista. “Solo chi non ha mai giocato qua o chi non capisce niente di calcio dice che il campionato saudita non è tra i primi 5 al mondo”. Contento te, CR7…

Stadi vuoti al Mondiale per Club. Fonte foto: il Fatto Quotidiano.

Stadi vuoti al Mondiale per Club. Fonte foto: il Fatto Quotidiano.

Il Mondiale per club che non vuole nessuno

E mentre Ronaldo si blinda nel suo paradiso fiscale con le porte larghe, la FIFA ci propone un altro spettacolo grottesco: il nuovo Mondiale per club, versione extralarge, con 32 squadre, partite che non interessano a nessuno e uno show che di mondiale ha solo il nome. Doveva essere la celebrazione del calcio globale e invece è stata l’ennesima fiera dell’inutilità. Stadi mezzi vuoti, ritmi da amichevole estiva, squadre che giocano tanto per esserci, con formazioni miste tra titolari e riserve. E il pubblico? Assente. O peggio, disinteressato.

I dati parlano di percentuali di riempimento del 50%, quando tutto va bene. Per non parlare di chi lo segue da casa: disinteresse generale. Doveva essere la celebrazione del calcio mondiale, ma forse alla Fifa si sono dimenticati che il calcio non si globalizza a suon di milioni, lo si costruisce con storie, rivalità, pathos. E se questo è il futuro che promettono, allora dobbiamo iniziare a preoccuparci.

Prof di giorno, giornalista freelance di notte. Direttore de il Catenaccio e Head Writer di Sportcafe24.com

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