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Serie A, disastro arbitrale: la soluzione c’è, perché andare avanti così?

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Juventus-Napoli Higuain
Stefano Braschi, dirigente arbitrale italiano

Stefano Braschi, dirigente arbitrale italiano

Si è toccato il fondo, da parecchio. Reduci da un weekend da brividi per arbitri e guardalinee, neanche più meritano una citazione quelle figure inutili piantate sulla linea di fondo senza spina dorsale e dal portafoglio pieno senza motivo, alla faccia dei disoccupati e chi in cassa integrazione. La regola del “tutto si compensa” è la balla del secolo, un modo superficiale e “facilotto” per far passare come ininfluenti ciò che invece condiziona eccome l’andamento di partite, campionati ed obiettivi. L’ultima giornata di Serie A passerà inosservata perché il campo della vergogna per eccellenza non è stato San Siro ma il Massimino, non la Juventus ma il “bianconero sfigato” dell’Udinese.

LA CAMPAGNA DELL’ORRORE, DAL CINEMA ALLA SERIE A – Andatelo a spiegare a Guidolin, che tutto si compensa. Che gli arbitri non contano e che alla fine vince chi merita. Quanto accaduto a Catania ha dell’incredibile: due parate in area dei rossoazzurri, ma non di Andujar bensì di Tachsidis e Legrottaglie. Un Muriel lanciato in solitaria verso la porta fermato in inesistente fuorigioco e per dovere di cronaca un rosso per gomitata di Pereyra non ravvisato dall’inguardabile De Marco. Passano poco meno di 60 minuti, a San Siro assistiamo ad un film già visto: cosa deve fare l’Inter per ricevere un rigore da un anno a questa parte ancora non è dato a sapere. Palacio al tiro in area di rigore, agganciato nettamente da tergo va a terra a mezzo metro dal giudice d’area. “Inutil-man” non parla, l’arbitro non fischia, il guardalinee in linea figuriamoci se prevarica il suo “superiore“. Il miglior attacco della Serie A (per logica si presuma sia anche la più presente in area avversaria) è a zero rigori stagionali, uno negli ultimi 12 mesi. Sempre a sostegno dell’incompetenza arbitrale e non di chissà quale complotto alle spalle, rigore negato al Livorno nel secondo tempo per fallo da tergo di Ranocchia su Paulinho a limite dell’area, spalle alla porta. Meno evidente, situazione di pericolo meno netta ma ci poteva sicuramente stare il fallo. Nel pomeriggio la chicca del Bentegodi ha come protagonista nuovamente Paloschi, evidentemente non simpaticissimo all’Aia. In linea con Abate, segna ma viene fermato per un fuorigioco che se c’è, trattasi davvero di millimetri. Le indicazioni sono quelle di proseguire nel dubbio, se non c’è luce fra difendente ed attaccante, ma viene fatto tutto il contrario. Il pomeriggio si esaurisce con Roma-Sassuolo: il gol segnato un minuto e mezzo oltre i 5 di recupero assegnati, nasce da un fallo di Floro Flores su Bradley. Chiudiamo con i posticipi: molto generoso il rigore per la Fiorentina, come sempre al limite l’esecuzione di Giuseppe Rossi. Ma è in Juventus-Napoli che assistiamo alle maggiori polemiche della serata: fuorigioco di Llorente su deviazione di Tevez. Si parla di centimetri e difficile valutazione per il guardalinee. Nulla di più sbagliato: l’assistente è in linea perfetta con il basco, la possente mole dell’ariete è evidente dalla sua posizione come sia oltre la maglia azzurra del marcatore al momento dell’assist di Tevez. E poi insomma, fossero pagati solo per rilevare le situazioni più facili, potremmo mandare in campo, come si fa nelle scuole calcio, i genitori di turno muniti di bandierina in mano a fare i guardalinee. Infine dieci minuti dopo, sospetta trattenuta di Ogbonna su Higuain, palese dalle immagini: l’argentino si vede fischiare fallo contro. Il rigore poteva starci.

LA SOLUZIONE C’E’ MA NON SI (VUOLE) VEDERE – Premesso che gli arbitri sono esseri umani, che non valutano tramite mille replay (ma spessissimo non servono), che possono sbagliare come qualsiasi giocatore o allenatore e così via. Tutto giusto e corretto, c’è un ma ed è senza risposta da decenni: se possiamo migliorarlo questo calcio, se possiamo ridurre il margine di errore e far coincidere quanto più possibile il risultato al merito di una squadra, se c’è la soluzione per rendere il calcio più giusto, perché ostinarsi a non farlo? Inutile elencare nuovamente tutti gli sport ove il supporto tecnologico (supporto, non sostituzione dell’arbitro umano) è ormai entrato in vigore, con successo e soddisfazione di tutti i componenti. Perché proprio lo sport più amato e seguito al mondo si rifiuta di essere una disciplina più giusta, meritocratica?

Forse la risposta la conosciamo tutti, forse per lo stesso motivo per cui le staminali (nonostante gli evidenti miglioramenti sui bambini malati di Sla) non vengono sottoposti a sperimentazione scientifica. E c’è solo una parola dietro i tanti perché. Interessi.

Orazio Rotunno

Giornalista pubblicista, coordinatore presso SportCafe24 da oltre due anni. Amo lo sport in ogni sua forma e disciplina, raccontandolo con la voce di chi spesso non ne ha una, con un unico valore trainante. La verità: nel più profondo dei suoi significati.

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