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Mario Jardel, il bomber triste che non riuscì a salvare l’Ancona
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8 anni fa|

ANCONA, 21 FEBBRAIO – Ancona, stagione 2003-2004. La squadra del capoluogo marchigiano, tornata in serie A dopo 10 anni, sta vivendo l’anno più brutto di tutta la sua storia. La gestione approssimativa da parte della dirigenza biancorossa ha portato la squadra alla deriva. La squadra affidata prima a Menichini, poi a Sonetti ed infine a Galeone, viaggia per tutta Italia collezionando magre figure e pessime prestazioni sul campo. Il presidente Ermanno Pieroni mette in piedi una rosa composta da giocatori di assoluta inesperienza ma, soprattutto, di persone che sono capitate in serie A per puro caso. Per carità, ci sono anche quei “lupi di mare” come Viali, Milanese e Di Francesco, oltre alla coppia del gol formata da Maurizio Ganz e da Dario Hübner, ma, per il resto, la compagine delude molto, nonostante la rivoluzione messa in piedi a gennaio nel disperato tentativo di salvare una squadra che viene derisa su ogni campoe in goni angolo d’Italia da giornalisti e tifosi. La prima vittoria arriva solo l’11 aprile, e alla fine della stagione i punti raccolti saranno solo 13 (4 nel girone d’andata). I calciatori utilizzati sono ben 41, e, fra questi, c’è anche un bomber (anche se in questo caso la parola ideale sarebbe “panzer”) che negli anni precedenti ha sbalordito centinaia di tifosi con le sue giocate, ha fatto ingolosire decine di presidenti e di allenatori e ha fatto sognare migliaia di persone. Si tratta dell’artilheiro ex Sporting Lisbona Mario Ribeiro de Aleida Jardel, due volte scarpa d’oro nel 1999 e nel 2002. Che ci fa un bomber così nell’Ancona? La risposta è malauguratamente sotto gli occhi di tutti. Ma andiamo con ordine.
LA CARRIERA – Mario nasce a Fortaleza il 18 settembre 1973. Il suo esordio nella massima serie brasiliana avviene con la maglia del Vasco da Gama. Il ventenne Jardel annusa l’odore del calcio professionistico grazie a due fugaci apparizioni in campo. L’anno successivo, le 3 marcature in 12 partite gli valgono il passaggio al Gremio. Dal punto di vista tecnico è estremamente rozzo e collima una lentezza disarmante ad un piede piuttosto spigoloso. Nonostante tutto ciò, il suo pregio più grande era l’impressionante prolificità, messa in mostra fin da subito. Sulle rive del Rio Grande do sul, Mario esplode, segnando 10 gol in 13 gare. Le sue prestazioni non sfuggono agli attenti occhi degli osservatori europei che, come falchi, si fiondano sul giovane bomber carioca. I più lesti sono gli uomini del Porto che si appropriano del gioiellino Cearense facendolo conoscere in tutta Europa e rendendolo uno dei punti cardine di una squadra vincente. In Portogallo, Jardel è una macchina da gol: con i Dragoes segna 130 gol in 125 partite vincendo meritatamente la sua prima “Scarpa d’Oro” come miglior realizzatore a livello europeo. La facilità con
cui va in rete è spaventosa, e nemmeno la doppia marcatura riesce ad arginare questa bocca da fuoco che, partita dopo partita,incrementa vertiginosamente il suo bottino di marcature. Dopo 5 stagioni, Jardel emigra in Turchia, sponda Galatasaray. Con la squadra di Istanbul segna 22 reti in 24 incontri, però la nostalgia di casa lo attanaglia: le fragranze orientaleggianti delle spezie turche non lo appagano come l’aria “portuguesa” e così Jardel decide di ritornare nella terra della Meseta, stavolta a Lisbona con la maglia dello Sporting. Nella capitale, in coppia con Joao Pinto forma una coppia da gol micidiale. Gioca solo 30 partite ma segna la bellezza di 42 reti. Una media impressionante che gli vale la seconda “Scarpa d’Oro”: nonostante la sua vena realizzativa, Felipe Scolari gli chiude in faccia le porte della Seleçao in vista del mondiale Coreano. Infatti, il ct verdeoro preferisce le belle speranze di giovani come Kakà piuttosto che che l’affidabilità del buon Mario. Il mondiale del 2002 sarà l’ultimo treno: il bomber, nel complesso, ha vestito la maglia verdeoro solo in sette circostanze e, da quel momento, non ne avrà più occasione. Infatti, il 2002 è l’anno della svolta, del principio di involuzione. Jardel segna 11 reti in 19 matches ma il fisico inizia a fare le bizze. Complice una sua innata predisposizione ad ingrassare facilmente, SuperMario inizia ad aumentare la propria mole e a perdere progressivamente la forma. Il 2003 è l’anno che segna la sua definitiva crisi. Infatti, dopo la separazione con la moglie e dopo alcuni gravi problemi familiari, l’attaccante, tormentato dalle dichiarazioni rilasciate dalla sua ex moglie e dal problema dell’affidamento dei figli, lascia il Portogallo e si trasferisce nella fredda Inghilterra. Terra che non riuscirà a risvegliare il suo focoso animo brasileiro.
IN ITALIA – Jardel arriva in Italia mentre sta attraversando il periodo più buio della sua carriera. Il 19 gennaio 2004, Pieroni indice una conferenza stampa nella quale viene presentato l’acquisto del bomber brasiliano che avrebbe dovuto garantire i gol-salvezza ad un’Ancona allo sbaraglio. Giorni prima, i giornalisti e gli addetti ai lavori restarono a bocca aperta nell’udire dell’acquisto di Jardel, ma restano ancora più esterrefatti quando lo vedono dal vivo. L’ex puntero dello Sporting si presenta in pessime condizioni: Mario porta una XXL, il suo statuario metro e novanta viene perfettamente compensato da una situazione di sovrappeso sotto gli occhi di tutti: un sorriso timoroso si dipinge sulle sue labbra all’ingresso in sala stampa. Le sue prime dichiarazioni sono azzardate: “Forse sono arrivato in Italia troppo tardi, ma ora che ne ho l’occasione, mostrerò il mio valore anche qui”. Sul suo futuro in maglia anconetana, la spara ancora più grossa: “Salverò l’Ancona, datemi due-tre settimane e sarò al top della mia forma fisica”. Jardel viene presentato in occasione di Ancona-Perugia. Il buon Mario appena sceso in campo compie una gaffe clamorosa: il bomber si reca sotto la curva per salutare il proprio pubblico, se non che “per una similitudine cromatica”, scambia le due squadre corricchiando verso i supporters del Grifone. Il team manager Petrachi se ne accorge e pone fine all’equivoco. Nonostante quell’ “incidente di percorso”, in quella circostanza l’attaccante carioca incanta i tifosi sugli spalti con una serie di palleggi da funambolo. Saranno solo un fuoco di paglia. Come la sua apparizione in Italia. A suo malgrado, esordisce nel nostro campionato alla prima giornata del girone di ritorno, niente popò di meno che contro il Milan lanciato verso lo scudetto, squadra che il buon Mario ha già castigato in passato con le maglie di Sporting e Porto. Il dramma si consuma appena inizia la partita. I centrali difensivi rossoneri non faticano a contenere un giocatore in evidente difficoltà; a causa della sua mole, caracolla di qua e di là annaspando disperatamente alla ricerca di un pallone buono. Sonetti si pente di averlo messo in campo e lo sostituisce nel finale con De Falco. L’Ancona esce a San Siro con cinque sacchi sul groppone, l’allenatore di Piombino viene liquidato e il buon Jardel entra così in una fase di “intristimento progressivo”. Giovanni Galeone, sostituto di Sonetti al timone della baracca, non migliora le cose, anzi. “Jardel dovrà mettersi a dieta, altrimenti non vedrà più il campo”. L’esordio del nuovo tecnico non è dei migliori e Mario fa la spola fra panchina e tribuna. La sua predisposizione fisica non lo aiuta ed anche in passato uno dei suoi vizi più evidenti fu l’amore per la buona cucina. In
Portogallo riusciva a mascherare il sovrappeso con i tanti gol segnati ma, si sa, la serie A italiana non è la Primeira Liga. Iniziano così i primi sfottò che giungono dai tifosi, disperati e sconcertati: in Ancona-Roma del 15 febbraio, sugli spalti del “Del Conero” viene affisso lo striscione con la scritta: “Lardel”. L’attaccante in campo “conferma” la negativa prestazione di San Siro e all’82’ viene sostituito da Ganz. Gli addetti ai lavori e i tifosi si prendono più volte gioco di lui, soprannominandolo anche “Mario Ciambel”: segni inequivocabili di come la punta abbia fallito gli obbiettivi prefissati poco tempo prima. Il nuovo regime alimentare imposto da Galeone gli frutta solo un’altra fugace apparizione senza gol all’attivo. Alla fine saranno soltanto 200 i minuti giocati. E’ emblematico quello che accade dopo l’ennesima sostituzione il 22 febbraio nella sua ultima gara italiana contro l’Udinese: al 36’ del primo tempo Galeone chiama dalla panchina Bucchi e rileva il povero Jardel che scoppia in un pianto senza sosta e quantomeno significativo. E’ il pianto che simboleggia la sua sconfitta personale. Mario voleva rimettersi in gioco, ma, alla fine, non ce l’ha fatta. Il 29 marzo l’Ancona gli rescinde il contratto e l’artilheiro viene rispedito al Bolton. “L’uomo della Provvidenza” biancorossa si è rivelato uno dei flop fra i più clamorosi di tutta la storia del calcio italiano.
GLI ULTIMI ANNI – Negli anni successivi, il bomber tenta la fortuna al Newell’s Old Boys, al Deportivo Alavès e in Australia, prima di fare un mesto ritorno in patria, dove colleziona solo qualche amaro gettone di presenza, timbrando il cartellino con il Flamengo PI, con il Cricìuma, con il Ferroviàrio e, nel 2008, con il Goias. Il fil rouge di tutte queste esperienze è molto amaro e chiaro: ci troviamo di fronte ad un giocatore alla frutta, che da anni ha perso bussola e fiuto del gol. Jardel è l’ombra di sé stesso e le sue sfavillanti stagioni portoghesi sono solo un ricordo tanto bello quanto lontano e offuscato. Nell’aprile del 2008 si confessa ai giornalisti: “Sono un cocainomane, è un problema che ho da anni, chiedo scusa a tutti per il cattivo esempio che ho dato”. Con queste parole sciocca il mondo del pallone anche se, due anni dopo, grazie ad una grande forza di volontà, esce dal tunnel e a 37 anni si rimette in gioco dopo un anno e mezzo di inattività e di consumo
alterno di stupefacenti. Il palcoscenico non sarà dei migliori, ma Supermario accetta la proposta del Cherno More Varna, compagine militante nella cadetteria bulgara, con la quale firma un contratto annuale. Dopo una manciata di gol arriva la rottura con il club e Jardel passa al Rio Negro, squadra brasiliana che milita nel campionato del Rio delle Amazzoni. Il club gli offre uno stipendio, una casa e una macchina per recarsi agli allenamenti ma la dirigenza non mantiene le promesse fatte e l’ex scarpa d’oro migra in Arabia all’Al-Tawoon segnando sempre qualche gol che fanno ricordare al pubblico il campione di un tempo capace di cose spettacolari con indosso la maglietta del Porto. Mario Jardel, un campione rovinato dai vizi che si sarebbe meritato ben altre soddisfazioni. Diciannove squadre in carriera, ma una fine indecorosa. Per quel campione completo le cui qualità si sono disperse irrimediabilmente.
A cura di Nicolò Bonazzi
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