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Grida durante il minuto di silenzio: cinque anni di Daspo!
Pubblicato
9 anni fa|
Editor
Enrico Steidler
A.A.A. Buon senso cercasi disperatamente. L’annuncio è sempre valido e ha carattere di urgenza. Cos’hanno in comune l’equilibrio e il gorilla, la moderazione e il pipistrello frugivoro di Bulmer? Semplice, sono tutte specie in via di estinzione, e la minaccia di sopravvivere solo nei ricordi e sulle pagine dei libri, che incombe da quel dì, si fa sempre più concreta. Esemplare, in tal senso, la vicenda di Peppino Baldassarre, e non solo per il fatto in sé – una punizione ridicolmente eccessiva rispetto al “delitto” – ma anche per il suo contorno, un mondo dove ci si affretta a lapidare chiunque pur di mostrarsi progressisti a costo zero (vedi Sel), e dove Assostampa e Ussi (Unione stampa sportiva italiana) Puglia emettono una nota congiunta in cui si manifesta “indignazione per la qualunquistica spudoratezza con cui il soggetto ha manifestato la sua libera opinione, giustificandola poi come una “battuta alla Catalano” (il “filosofo dell’ovvio” reso celebre dal programma Tv Quelli della notte, ndr), con una totale ignoranza delle tematiche dell’emigrazione, con una ruvidezza morale ed una pochezza culturale che fanno riconoscere razzismi e mitologie fasciste abituali e quotidiane”. E’ proprio vero: il senso della misura, come quello del pudore, è ormai più raro del panda.

Lo stadio comunale Zaccheria di Foggia
MALEDUCAZIONE POLITICAMENTE SCORRETTA – Foggia, domenica 6 ottobre. Allo stadio Zaccheria sta per avere inizio il match fra i padroni di casa e il Martina (seconda divisione Lega Pro), e il minuto di silenzio per le vittime di Lampedusa viene rotto da un grido proveniente dagli spalti: “Fossero rimasti a casa sarebbero ancora vivi!”. L’episodio, nella sua fastidiosa pochezza, si commenta da sé, e ora non ne parlerebbe nessuno se non fosse per un piccolo particolare: il protagonista, infatti, non è uno scalmanato qualunque ma è Peppino Baldassarre, noto cronista sportivo – nonchè stimato medico – che da più di quarant’anni segue ogni partita casalinga dei rossoneri. Subito riconosciuto, Baldassarre finisce nell’occhio del ciclone: il gruppo consiliare del Sel segnala il caso all’Ordine dei giornalisti, che a sua volta chiama in causa il Consiglio di disciplina territoriale (una via di mezzo, stando al suo nome inquietante, fra il Consiglio dei Dieci Assenti di fantozziana memoria e la Corte marziale) esortandolo a verificare eventuali violazioni delle regole deontologiche ai sensi dell’articolo 2 della legge istitutiva dell’Ordine n.69 del 1963.
SI SCRIVE FOGGIA MA SI LEGGE PYONGYANG – Roba da brividi, insomma, ma non è finita qui. Manca il suggello della Giustizia, infatti, manca un finale all’altezza del copione: cinque anni di Daspo per l’imputato Baldassarre, ecco cosa ci vuole, ecco la pena ritenuta congrua e opportuna dal questore di Foggia Maria Rosaria Maiorino. Ma come, cinque anni di Daspo per una cafonata? No, evidentemente, non sono le cattive maniere la vera (e unica) colpa di Baldassarre, ma i cattivi pensieri, le cattive parole, il suo essere affetto da razzismi e mitologie fasciste abituali e quotidiane. Il compagno ha sbagliato, in altre parole, e ora va rieducato nei modi e nei tempi auspicati dall’Ordine e garantiti dalla Legge.
Romanzo di Orwell? Cronaca coreana? Incubo di mezzo autunno? Chissà. Tutto dipende, a questo punto, dalla Procura: se il provvedimento del questore non sarà convalidato allora saremo strappati dal nightmare appena in tempo e potremo tirare un sospiro di sollievo, altrimenti vincerà il Pensiero Corretto, e presto o tardi saremo tutti rieducati.
Enrico Steidler
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