Football
Juventus, dopo la bufera è in arrivo la stangata
TORINO, 28 GENNAIO – Ve lo ricordate il famoso “stile Juventus”, quel leggendario (più che storico) savoir faire che per anni ha contraddistinto, nobilitandola, la condotta di dirigenti e allenatori bianconeri? Fatto di compostezza, ironia e buone maniere, era il segno esteriore di una signorilità che aveva in orrore ogni eccesso, sia nelle (numerose) fortune, accolte con gioia mai smodata, che nelle avversità, affrontate col sorridente distacco di chi sa governare le proprie pulsioni e, al tempo stesso, sa di essere il più forte.
Erano i tempi di Boniperti, Gianni Agnelli, del mitico Trap e dell’indimenticabile Gaetano Scirea e lo stile (per quanto idealizzato a dismisura da una stampa – quella sì – portata agli eccessi e a chiamare Avvocato anche chi effettivamente non lo era) si vedeva sul campo e fuori. Ma, si sa, sic transit gloria mundi: oggi a rappresentare la Vecchia Signora sul terreno di gioco e davanti ai microfoni ci sono Antonio Conte e Beppe Marotta, e bisogna accontentarsi.
LO SFOGO DELL’ALLENATORE – “E’ una vergogna. Adesso basta col fair-play” tuona il tecnico leccese “tutti hanno visto che c’erano tre rigori per noi. Il mano di Granqvist, il fallo su Pogba e quell’altro su Vucinic. Senza contare i soli 3 minuti di recupero. Ma quello che non accetto è un arbitro che mi dice che non se l’è sentita di dare il rigore“. “Non c’è nulla da spiegare o chiarire” aggiunge Conte, la cui requisitoria si fa va via più incalzante “tutti hanno visto cosa è successo, pure un cieco avrebbe visto. Il rigore è sacrosanto e posso accettare un errore, ma non ciò che mi ha detto Guida. L’arbitro di porta gli aveva segnalato il rigore, ma lui mi ha detto che non se l’è sentita di darcelo. Questo non è calcio. Se io ascolto determinate cose, vergogna è il minimo che io possa dire. Voglio equità, il rigore era sacrosanto. Avrei accettato che Guida mi avesse detto di non aver visto o di aver sbagliato. Ballardini dice che prima la palla va sul piede di Granqvist? Non scherziamo, c’è un regolamento che parla chiaro“.
Ecco, appunto, secondo l’interpretazione prevalente della norma – così come è stata spiegata e rispiegata più volte dai vertici arbitrali fin dai tempi di Collina – il rigore non c’è, perché Granqvist colpisce il pallone col piede sinistro prima che questo gli finisca sul braccio. In casi del genere la presunzione di innocenza (visto che parlare di involontarietà nel caso di braccia tenute così aperte è davvero azzardato) scatta automaticamente, scagionando il colpevole. Certo, l’azione è molto veloce e l’impressione del rigore ci sta tutta, ma la moviola mostra chiaramente non solo la sostanziale insussistenza delle proteste di Conte su questo episodio, ma anche il suo autogol mediatico. Graziano Cesari, in diretta tv nell’immediato dopopartita, prova a spiegarlo con un garbo fin quasi eccessivo al tecnico bianconero, ma quest’ultimo (che pure continua a ripetere “Se non si vuole vedere o sentire diventa tutto più difficile”) reagisce spazientito dicendo “non mi trovi d’accordo…non mi trovi d’accordo perché lui (riferito a Granqvist, ndr) fa volume, va bene? Lui fa volume! Il regolamento dice che le braccia devono stare attaccate al corpo. Nel momento in cui lui fa volume, lui prende la palla con il braccio. Non è che adesso vogliamo scambiare l’asso con la figura? Vogliamo cambiare le carte? No, e mi dispiace, mi dispiace che lo dici tu che sei un arbitro” sbotta infine Conte, che vede malafede dappertutto. Molto più pertinenti, invece, le recriminazioni a riguardo dell’affossamento di Pogba e della trattenuta su Vucinic. Peccato, però, che il tecnico bianconero eviti di indugiare sull’evidente (eppure non visto) fallo di mano commesso in piena area dallo stesso giocatore montenegrino nel primo tempo: si era sullo 0 a 0 e chissà, considerando la scarsa brillantezza della Juve di questi ultimi tempi (solo 5 punti nelle ultime 4 partite), magari ci scappava il colpaccio.
Ma il punto non è questo: il punto è la presunta “confessione” dell’arbitro, reo di non essersela sentita di dare il rigore alla Juve (immancabili, al riguardo, i soliti risvolti dietrologici alimentati da Internet: nel 2010 l’arbitro Guida, che è di Torre Annunziata, avrebbe imprudentemente rivelato al settimanale Napolissimo le sue simpatie: “Conservo bei e prestigiosi ricordi di tutte le partite arbitrate, come ad esempio un’amichevole Cavese-Napoli del gennaio del 2009. Quella ha rappresentato un momento di vanto per me. Insomma arbitrare il Napoli, di cui seguo le sorti sin da bambino, non capita tutti i giorni“). E’ questo che fa imbufalire il tecnico salentino ed è questo che dovrà essere appurato al più presto. Una cosa, per ora, è sicura: l’imbarazzante show concesso da Antonio Conte a fine gara, con tanto di invasione di campo e di proteste – definiamole così – urlate in faccia all’arbitro, la dice lunga sull’umore prevalente in casa Juve (dalla quale provengono molti altri segni di un nervosismo che pare figlio della debolezza, se non proprio della paura: “Io questa sera vado a casa con mille pensieri, brutti pensieri, che sia chiara questa cosa” è una frase molto significativa in tal senso) e relega le parole ripetute più spesso dal tecnico nel corso della sua infelice serata (“io sono un uomo di sport”) nella dimensione che meglio le incornicia: quella del grottesco.
LE DICHIARAZIONI DELL’AMMINISTRATORE DELEGATO – Molto più meditate (e quindi, a ben vedere, ancor più gravi) sono le esternazioni di Beppe Marotta, che non alza il tono della polemica (“Non grido vergogna perché l’ha già fatto Conte”) ma ne sprofonda il livello: “Per un arbitro come Guida di Torre Annunziata ci sono difficoltà a venire ad arbitrare la Juventus. Non parlo di malafede ma di difficoltà. Al 94′ un arbitro della provincia di Napoli si è trovato in difficoltà… Così come è consigliabile che un arbitro di Novara non arbitri la Juventus, così una arbitro napoletano non deve venire ad arbitrare la Juventus”.
E QUELLE DEL PRESIDENTE – Non potevano mancare, in una vicenda che ricorda il genio surreale dei Monty Python, il Galà del Calcio AIC di ieri sera e le parole pronunciate da Andrea Agnelli in questo signorile contesto: “Quelli espressi da Conte e Marotta sono ragionamenti legittimi. Abbiamo partite molto importanti, i protagonisti le vivono con la giusta dose di emotività e agonismo, quindi è molto difficile chiedergli di comportarsi da lord inglesi a fine gara, specialmente quando un episodio eclatante avviene allo scadere”.
COSA RISCHIANO CONTE, MAROTTA E LA JUVE – “Quelle che appaiono delle aggressioni, nei campi di periferia diventano aggressioni vere e questo non si può accettare“. Marcello Nicchi, presidente dell’Associazione Italiana Arbitri, non le manda a dire e il suo riferimento alle categorie inferiori, a meno di due mesi dalla morte di Nieuwenhuizen, è quanto mai opportuno. Conte (che ieri sera è stato bersagliato dai fischi del pubblico presente al Galà) sarà squalificato, questo è evidente, anche se è improbabile che si tratterà di una sanzione pesante (si parla di due giornate). In arrivo anche una multa per la società bianconera, che oltre all’allenatore rischia di perdere per squalifica pure Bonucci, Vucinic e Chiellini, che sarebbe sceso in campo dalla tribuna per dirgliene quattro a Guida. Anche Nedved, tanto per cambiare, pare essersi messo in luce in tal senso.
La posizione più delicata è però quella di Marotta, che sarà quasi sicuramente deferito per le sue considerazioni sull’arbitro e l’operato del designatore.
Davvero una brutta storia, in fondo, una delle tante del nostro calcio inquinato da sospetti, maleducazione e volgarità. Quel che dispiace, però, è che i protagonisti siano (ancora una volta) gli uomini di spicco della Società che un tempo brillò per il suo stile: “Che senso ha avere 4 o 6 arbitri se poi c’è profonda distonia tra il giudice di porta e il direttore di gara?”
Ecco, queste parole di Marotta sono utili a mettere in evidenza il vero nocciolo della questione, che non è la “distonia” fra l’arbitro e il suo collaboratore ma fra il passato della Juventus e il suo presente, ed è davvero un peccato che l’ennesimo tradimento della nobiltà che fu si consumi a pochi giorni dal decennale della scomparsa di Gianni Agnelli. E’ solo un caso disgraziato, o è anche un simbolo?
Enrico Steidler
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