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Livorno-Latina, “La bandiera palestinese non può entrare”
Pubblicato
7 anni fa|

Tanto è accaduto nel match di lunedì 15 settembre fra Livorno e Latina, valido per la terza giornata di Serie B. Non si può, però, solamente trattare di ciò che il campo da gioco ha mostrato, stavolta. Ecco perciò Livorno-Latina, tra aggressioni e un insolito, assurdo divieto proveniente “dall’alto”.
TAFFERUGLI E SQUALIFICHE – Lo stadio Picchi di Livorno, dunque, è stato innanzi tutto teatro di aggressioni e tafferugli fra i tifosi toscani e quelli del Latina, conosciute entrambe per la loro opposta estrazione politica. Gli scontri, fomentatisi dall’aggressione in un bar nei pressi dello stadio da parte di un gruppo di ultras livornesi nei confronti di alcuni tifosi della squadra avversaria, hanno infatti portato ad una squalifica senza precedenti. Arresto e Daspo di ben otto anni per uno degli aggressori dei quattro tifosi del Latina, di cinque per i restanti quattro ultras amaranto.
UN’INCONCEPIBILE IMPOSIZIONE – Da ormai decenni, lo stadio di calcio è diventato anche un importante mezzo di manifestazione pubblica e sociale. Come già accennato sopra, infatti, anche le tifoserie stesse hanno un proprio credo politico, che ovviamente supera la mera concezione del campo da gioco e che spesso sfocia in cruente e ripercorrenti diatribe, come è venuto proprio a verificarsi fra gli ultras del Livorno e quelli del Latina, per detrarne un esempio. Oltre ai tafferugli, però, al Picchi di Livorno è accaduto un episodio alquanto insolito, per non definirlo clamoroso.
E’ necessario informare che la narrazione del fatto qui riportato è basato anche, e soprattutto, sul racconto esposto in rete da parte dello stesso tifoso del Livorno in questione.
Dunque, un tifoso amaranto era giunto allo stadio per assistere alla partita della sua squadra del cuore contro il Latina, accompagnato da una bandiera della Palestina. L’iter del supporter verso il suo amato Picchi, però, viene ostacolato al momento del controllo. Lo steward immediatamente lo avverte: “Questa bandiera te la levano”. Nel frattempo, si presenta tra i due un agente della Digos: “Questa te la levo. Non entra. Perché? Perché lo dico io”. Il supporter amaranto tenta di chiarire, sostenendo la tesi che quella bandiera, oltretutto, non rappresentava alcun riferimento politico, qualora fosse stato quello il problema. L’agente, però, dopo aver esortato, inutilmente, il tifoso a chiudere il discorso, conclude con: “E’ una bandiera politica: non entra. Punto e basta”. Il ragazzo, perciò, stando pur sempre alla sue parole, ripone la bandiera e, privo di essa, torna dallo stesso agente a chiedere ulteriori chiarimenti. Fu in quel momento che fra i due si interpone un altro poliziotto, pronto a chiarire l’insolita situazione. “Non so nemmeno io il perché, non so davvero cosa dirti. Eseguo soltanto ordini. E’ vista peggio la bandiera della Palestina che quella di Che Guevara, in questo periodo”: con tali parole, pertanto, il tifoso amaranto riporta la discutibile asserzione del secondo agente. La narrazione del supporter termina con il suo determinato commento, intento a voler denunciare l’episodio ed a riaffermare la totale libertà di manifestazione pubblica. Sì, anche in uno stadio di calcio.
Alessandro Triolo
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