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Ahi ahi ahi signor Zanetti…mi è caduto sulla maglia!

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Zanetti, ex capitano dell'Inter

“Se ne sta parlando in società”, disse lo scorso 28 maggio Javier Zanetti a proposito dell’ipotesi, ventilata dal presidente dell’Inter Thohir, di ritirare la sua maglia numero 4. “E’ una scelta che devono fare loro, di sicuro sarebbe un grandissimo onore, ma non mi piace forzare niente e speriamo negli sviluppi”. Speranza ben riposta. Il paròn indonesiano dei nerazzurri, infatti, ha annunciato urbi et orbi che il prezioso cimelio zanettiano d’ora in poi farà mostra di sé solo in bacheca. Campi di calcio addio, quindi, con buona pace di chi sognava (ragazzini dei vivai innanzitutto) di poter un giorno indossare la “bandiera” che fu del mitico capitano. Quella del Nord-Sud-Est e Ovest dei tifosi interisti è la seconda maglia ritirata dalla società meneghina dopo quella n° 3 di Giacinto Facchetti, e la ventesima del calcio italiano. Tutto giusto? No, ovviamente.

La mitica maglia numero 4 di capitan Zanetti

La mitica maglia numero 4 di capitan Zanetti

Il calcio è uno sport, infatti, non una religione, e non c’è quindi alcuno spazio per quel pittoresco corredo che in genere si accompagna al culto delle divinità, reliquie incluse. Certo, è vero che Javier Zanetti appartiene all’Olimpo del calcio, ed è ancor più vero che tutti (non solo i supporter nerazzurri) clonerebbero volentieri l’ex capitano della Beneamata se la scienza bioingegneristica fosse così evoluta da consentirlo. Questo, naturalmente, non solo per il suo talento, ma anche per quelle qualità – determinazione, spirito di sacrificio, straordinaria correttezza, ecc., ecc. – che di solito non sono facili da riscontrare nei nostri simili singolarmente intese, figuriamoci tutte insieme in uno stesso uomo.

RAGIONE E SENTIMENTO – Ma un conto sono la gratitudine (che prova chiunque abbia lo sport nel cuore) e la stima (manifestata a chiare lettere con l’elezione alla carica di vice-Thohir), un altro quella venerazione che sta a metà strada fra la parrocchia e la curva. Le prime ci stanno, eccome e ci mancherebbe, la seconda no: è completamente fuori luogo e distante anni luce dall’etica sportiva. Per quest’ultima, infatti, la maglia di una squadra di calcio (o di qualsiasi altra disciplina) non è un’icona da esporre alla commossa adorazione dei fedeli, ma un testimone da trasmettere, un simbolo che è onore e onere al tempo stesso. Ora, possibile che un Highlander dello sport come il capitano coraggioso non abbia compreso tutto ciò, e che oggi si rallegri per la “beatificazione” della sua maglietta?

Sì, possibile, perchè Zanetti è un uomo, ancorché mitico, e come tutti gli uomini pure lui sbaglia. Però è proprio questa sua imperfezione, paradossalmente, a rendercelo ancora più simpatico e “vicino”: malgrado le divine apparenze, infatti, anche Saverio è un comune mortale, e questo – in fondo – non fa che accrescerne i meriti e la grandezza. Chissà, forse un giorno il recordman dell’Inter e della nazionale argentina ci ripenserà e tornerà sui suoi passi come fece nel 2007 Igor Protti (che a due anni dal ritiro della sua maglia numero 10 del Livorno cambiò idea e pregò i dirigenti della società amaranto di farla tornare sui campi da gioco, cosa che fu), ma in ogni caso…grazie di esistere.

Enrico Steidler

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