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Storie Mondiali: lo Zaire ed il calcio eroico di Mwepu
Il calcio è uno sport per eroi. Le strade che portano verso la leggenda sono talvolta strane, in certi casi frutto del caso, in altre della follia. Il calcio non è solo uno sport per grandi nomi. Capita spesso che la prima pagina dei giornali venga conquistata da perfetti sconosciuti o da umili operai del pallone, comparse che diventano in un attimo grandi protagonisti. Il calcio è uno sport strano, ed in fondo è bello per questo. Ne sa qualcosa Ilunga Mwepu, terzino dello Zaire negli anni Settanta, primattore di una delle vicende più folli ed eroiche della storia dei Mondiali. Era il 1974.
I LEOPARDI CONQUISTANO LA GERMANIA OVEST – Mitici anni Settanta, maledetti anni Settanta. Era il tempo dell’hard rock e dell’Arancia Meccanica, ma non dell’Africa. In quel continente il calcio era allora un grande sogno, non certo una realtà, l’avvento dei grandi Leoni d’Africa era ancora lontano. Tuttavia una nazionale si era distinta dalle altre, manifestandosi in quegli anni come massima espressione del calcio continentale. La squadra in questione è lo Zaire, rappresentante di spicco dell’Africa ai Mondiali del 1974. Si presentarono alla manifestazione da squadra materasso, ma volevano (e dovevano) essere qualcosa in più. Ci riusciranno.
UNO SPORT “TOTALITARIO” – Lo Zaire ha rappresentato uno Stato intero ed i sogni di gloria di un dittatore sanguinario, Mobutu Sese Seko. Il leader autoritario intendeva esaltare l’alba di una grande nazione attraverso lo sport. Pugilato o calcio che fosse, contava poco. I Mondiali di calcio erano (e sono) un’incredibile vetrina, l’intento era quello di sfruttarli al meglio, ponendosi come obiettivo di non fare figuracce. Non erano ammesse soluzioni alternative. Il girone nel quale fu inserito lo Zambia non era però tra i più semplici: le avversarie sarebbero state le temibili Scozia e Jugoslavia e, soprattutto, il Brasile, vincitore di tre delle ultime quattro edizioni. L’impresa si presentava sempre più ardua, ma lo Zaire poteva (e doveva) farcela.
UNA SCALATA IMPOSSIBILE – All’inizio fu un disastro. Bilancio provvisorio dopo gli incroci con Scozia e Jugoslavia: zero punti, Mondiale pregiudicato, nessun gol fatto ed undici subiti (nove dei quali presi dalla nazionale balcanica). La favola era ormai finita, i premi promessi da Mobutu (qualora avessero fatto una buona figura) erano andati in fumo ed il dittatore zairota era andato su tutte le furie. Il diktat imposto ai giocatori divenne allora ancora più netto: se avessero perso contro il Brasile con più di tre gol di scarto, nessuno sarebbe più tornato nello Zaire. Dai sogni di gloria all’incubo della morte il passo è breve, dovevano farcela.
BRASILE, ULTIMO ATTO – Sabato 22 giugno, Gelsenkirchen: arriva il Brasile. La squadra allenata da Mario Zagallo non era certo all’altezza del gruppo che aveva vinto il Mondiale quattro anni prima, ma era pur sempre il Brasile. E loro erano lo Zaire. Tra il primo ed il secondo tempo Jairzinho, Rivelino e Valdomiro misero una pietra tombale sull’incontro, ma gli avversari non si erano arresi: potevano ancora salvarsi. All’85’ minuto il risultato era sul 3-0 a favore dei brasiliani, il match non era finito. Ad un certo punto arrivò la svolta. L’arbitro assegnò un calcio di punizione ai sudamericani per un fallo ai venticinque metri di Kilasu su Valdomiro e Rivelino (uno specialista) si presentò sul punto di battuta. Sarebbe potuto essere il gol della morte, ma non fu così.
IL TIRO DELL’EROE – Gli zairoti erano nervosi (come dargli torto), protestarono a lungo, ma alla fine l’arbitro fischiò. Rivelino temporeggiò ed all’improvviso un difensore avversario uscì dalla barriera, corse all’impazzata e calciò via il pallone con tutte la forze che aveva in corpo. I brasiliani non compresero il senso di quel gesto e sorrisero, l’arbitro lo ammonì, il pubblico rimase interdetto e scoppiò poi in una fragorosa risata. Sembrò che tutti volessero dire: “Gli africani non conoscono neanche le regole del gioco!”. Nessuno capì, ma quel difensore, Ilunga Mwepu, modesto terzino del Mazembe, era appena diventato un eroe. E dire che non avrebbe neanche dovuto giocarla quella maledetta partita. Nella partita precedente Mwepu aveva infatti provocato un fallo da espulsione, ma l’arbitro lo confuse con N’Diaye e cacciò via il compagno di squadra. Il destino degli eroi è spesso beffardo e si affida al caso. Grazie a ciò, lo Zaire si salvò. Ce l’aveva fatta. Il match finì infatti 3-0, gli zairoti persero l’onore agli occhi del dittatore sanguinario, ma salvarono la vita. Il calcio è uno sport strano: talvolta ride in faccia alle leggende.
Antonio Casu
@antoniocasu_