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Bomber di Provincia – Dario Hübner, la storia di un operaio del pallone
Pubblicato
8 mesi fa|
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Alessandra Santoro
Bomber di Provincia – Da carpentiere a bomber, Dario Hübner è stato un vero e proprio operaio del pallone. Unico giocatore, insieme a Igor Protti, ad avere vinto la classifica dei cannonieri di serie A, B e C1 rispettivamente con Piacenza, Cesena e Fano. In carriera ha segnato più di 300 goal.
BOMBER DI PROVINCIA, CHI È DARIO HUBNER
Da origini tedesche ed austriache, Dario Hübner nasce a Trieste il 28 aprile del 1967. Dopo gli esordi alla Muggesana, durante i quali alternava l’attività di calciatore con quella di carpentiere, inizia a livello agonistica a 20 anni, nella Pievigina, nel Campionato Interregionale 1987-1988. Passerà poi al Pergocrema, al Fano e al Cesena, fino al debutto in serie A con il Brescia. Va a segno già alla prima giornata, a San Siro contro l’Inter, e alla seconda realizza una tripletta contro la Sampdoria. Nonostante le 16 reti messe a segno il Brescia retrocede in Serie B, e Hübner contribuisce con 21 reti alla nuova promozione delle Rondinelle nel 2000; nella stagione 2000-2001, in coppia con Roberto Baggio.
BOMBER DI PROVINCIA E UOMO RECORD
Nel 2001 passa al Piacenza, neopromosso in Serie A, e contribuisce in maniera determinante alla salvezza del club emiliano grazie a 24 reti, suo primato personale, che gli valgono inoltre, a pari merito con lo juventino David Trezeguet, il titolo di capocannoniere della massima serie: all’età di 35 anni è, al tempo, il più anziano giocatore capace di vincere la classifica marcatori della Serie A, record che gli sarà poi strappato nel 2015 dai 38 anni di Luca Toni. A seguito di questo exploit, nel maggio 2002 viene aggregato in prestito alla rosa del Milan per la tournée americana: con la maglia rossonera giocherà tre incontri, senza mettere a segno alcun gol. Nella stagione successiva mette a segno 14 reti, diventando così il giocatore che ha siglato più gol in Serie A nella storia del Piacenza.
Giocherà poi con l’Ancona, il Perugia, il Mantova, fino al trasferimento all’Orsa Corte Franca Iseo, che crea un “caso”: la Lega Nazionale Dilettanti, infatti, ritiene che Hübner abbia firmato un contratto di lavoro professionistico con l’Orsa Corte Franca (comprendente stipendio fisso e diversi bonus), cosa che porta alla squalifica per un anno (poi ridotta a sei mesi) in quanto nessun giocatore dilettante può firmare contratti professionistici con squadre dilettanti. Dopo la squalifica, che lo tiene lontano dai campi per l’intero girone di andata, mette a segno 20 reti (in sole 17 presenze), decisive ai fini della salvezza della sua squadra. Passerà poi al Castel Mella società di Prima Categoria bresciana, con cui realizza 16 reti in 14 partite. Chiude la carriera nella stagione 2010-2011 al Cavenago d’Adda, a 44 anni. Nel 2013 debutta come allenatore, prima al Royale Fiore e poi all’Atletico Montichiari: entrambe le esperienze si concludono con l’esonero.
CALCIO NOSTALGIA
Oggi Dario vive in una cascina ristrutturata a Passarera, a pochi chilometri da Crema, dove possiede un bar gestito dal cognato. Di lui si è detto “Senza grappa e sigarette sarebbe stato il più forte di tutti”. Dario, però, era fatto così, e i suoi allenatori lo hanno sempre saputo. Ma era anche altro: un calciatore vero, genuino, altruista. Uno che percepiva il campo come un vero e proprio “posto di lavoro”, uno che giocava e viveva il calcio alla vecchia maniera. “Una volta eravamo undici operai che lavoravano insieme per l’industria squadra. Non solo in campo, ma soprattutto al di fuori: un gruppo di amici, prima che colleghi. Oggi invece mi sembra spesso di vedere undici industrie. In questo senso i social non aiutano, tanti calciatori hanno perso di vista il piacere di giocare“, ha dichiarato con amarezza. In queste parole c’è il senso della sua visione del calcio. Lui, che per le maglie che ha indossato ha davvero dato se stesso, investendo in ciò che gli riusciva meglio: fare gol. Forse Dario meritava più luce, più attenzione, più merito. Forse, tra le tante maglie, meritava di indossare anche quella della Nazionale. Ma quelli ormai sono tempi andati: Dario ha appeso le scarpe al chiodo. Ma un attaccante così non si dimentica. La canzone di Calcutta e il suo libro autobiografico riportano alla mente e al cuore vecchi ricordi. Dario, oggi, ci piace immaginarlo così: con un bicchiere di grappa in una mano e una sigaretta nell’altra, a raccontare il calcio vero, vissuto, sudato. Un calcio ancora lontano dai riflettori, dai media, dagli scandali. Un calcio di cui, a volte, avvertiamo ancora nostalgia.
Alessandra Santoro
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