La Copertina
La fobia di Lotito
Pubblicato
2 anni fa|
Editor
Gennaro Donnarumma
In un campionato praticamente senza precedenti, paragonabile solo a quelli dei primi anni del secondo conflitto bellico, si sono raggiunte delle certezze. Alcune sono arrivate con colpevole ritardo e come conseguenza hanno avuto il contagio di un manipolo di calciatori militanti soprattutto in Serie A. Poi ci si è resi conto che il Coronavirus non fa sconti, anche in altre categorie. Altra certezza è che la migrazione dei giocatori, tornati in molte alle basi, è un fatto ormai conclamato e le società forse avrebbero potuto fare di più. Ed ancora: in certe condizioni, porte chiuse o no, non si può giocare. Perché il calcio è uno sport di contatto e assembramento, in campo e non.
C’è forse un solo personaggio che ancora non si è arreso all’idea. Risponde al nome di Claudio Lotito, presidente della Lazio che no, non demorde: per lui il campionato va ripreso così come riprenderanno, presto o tardi chissà, altre attività “produttive”. Perché?
La fobia di Lotito
Per Lotito chi lavora in fabbrica obbliga, automaticamente, chi lavora sul campo ad allenarsi. In base a non si sa quale teoria il patron della Lazio ha a più riprese portato avanti la sua tesi. Ci permettiamo una correzione: tra tutte le cose più importanti, per rivisitare una citazione nota, il calcio è la meno importante di tutte. Quindi no, non siamo d’accordo con Lotito che, da par suo, continuerà a sostenere il contrario.
Perché? Perché è questo, probabilmente, il miglior anno della sua Lazio da un decennio a questa parte. E sì, le chance scudetto, fino al blocco forzato della Serie A, andavano tutte a favore dei biancocelesti, peraltro unico gruppo a non essersi del tutto disperso, insieme a pochi altri, dopo lo scoppio dei primi focolai. Juve in difficoltà, Inter incerta e Lazio lanciatissima. Ora, con uno scudetto di cui non si ha la certezza della vittoria, abbracciamo l’idea di Massimo Cellino, patron del Brescia: diamolo a Lotito, non alla Lazio, a tavolino. Perché Lotito, ed è questa la sua fobia, non desidera altro.
Lotito e la sindrome Johnson
Le condizioni per scendere in campo mancano e, stando agli esperti, data la forzata convivenza col virus, probabilmente mancheranno. Non se ne rende ancora conto la Lega, convinta che i calciatori siano macchine e non uomini, e speriamo di non pagare ancora altre conseguenze.
Lotito sta cadendo nella stessa sindrome di Boris Johnson, primo ministro britannico e fautore dell’immunità di gregge. Lo stesso che, scherzando col virus, oggi è in condizioni critiche in terapia intensiva. Ci sentiamo di dare un consiglio a Lotito, ecco: evitare di scherzare con cose più grandi di lui e di tutti. Per di più invisibili, a venti club su venti, a milioni di giocatori. Compresi i suoi.
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