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Tra il vulcanico Spinelli e il belligerante Panucci nascono ‘affinità elettive’
Spinelli non medita, non media, agisce d’impulso, di pancia, e non lo scopriamo certo noi: arriva a Livorno, per la prima volta da allenatore, Cristian Panucci, a breve 42 anni, chiamato ad un compito arduo: portare la squadra in A, cioè ottenere il massimo nelle 12 partite restanti (o forse più), dopo che i due tecnici che lo hanno preceduto nel corso di questa travagliata stagione, Gautieri e Gelain, sono stati silurati per aver disatteso l’obiettivo. Panucci, da esordiente, dovrà subito dimostrare il suo valore e non potrà programmare, provare, sperimentare, niente di tutto ciò: solo vincere e subito (per quanto poi abbia firmato un contratto fino al 2017); di qui l’azzardo per entrambi, Presidente e tecnico, sfida nella sfida, un banco di prova importante per il primo, che deve salvare la faccia dopo un valzer di tecnici degno solo di Pulvirenti, decisivo per il secondo, che deve dimostrare, da un giorno all’altro, di essere passato dal ruolo di disgregatore a quello di aggregatore di un gruppo.
La storia personale di Christian, riguardandola, è pregna di scontri, frizioni, schiaffi, insulti, una serie di “mi ha deluso” non solo lunga, ma ‘eccellente’: quando l’ha fatto, quando cioè è arrivato allo scontro, verbale e corporeo, gli interlocutori non erano macchiette o comparse occasionali; la lista, a caso, comincia con Spalletti, Capello, Sacchi, Donadoni, Lippi e Deschamps – e scrivendola ci rendiamo conto che si tratta di molti tecnici poi arrivati in Nazionale maggiore – ma poi prosegue con risse in campo, litigi plateali con compagni e quasi sempre scontri visibili, ostentati, quasi, ci viene, ricercati. Insomma un carattere bizzoso, impulsivo, ribelle, che affronta l’autorità, che la sfida, la provoca. Ma anche un calciatore elegante, forte, creativo, pronto a difendere i compagni aggrediti o offesi, mai tirata indietro una gamba se non per vendicarsi contro un allenatore che gli aveva fatto un torto, insomma un tipo generoso e carismatico.
E allora se il carattere è quello, nè buono nè cattivo, ma quello, se in tante occasioni è risultato scomodo e ha creato tensioni nello spogliatoio o tra i vertici dirigenziali (e Christian avrà avuto tutti i suoi buoni motivi per assumere questi atteggiamenti), una domanda, forse più una curiosità, ci viene e te la facciamo: ora che non sei secondo a nessuno, che incarni, da allenatore, un ruolo autorevole, meglio rappresenti un’autorità tu stesso, ora che è così, come te la caverai? Questo del Livorno è il tuo gruppo, di nessun altro e ci piacerà vedere cosa farai adesso con un insieme di persone, di calciatori, che vanno motivati, supportati, guidati, non più e non solo da un figlio, ma da un padre, un padre autorevole. Insomma la sfida delle sfide e per questo facciamo il tifo per te.
Fulvio Fontana