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Il ritorno di Joaquin: da desaparecidos a lavoratore instancabile
Cuadrado chi? Si, ecco, è esattamente questa la reazione che riscontrerete domandando ai tifosi della Fiorentina se sentono o meno la mancanza del fantasista colombiano. Gia dimenticato, drasticamente, perché se da una parte ci ha pensato Salah a far impazzire la tifoseria gigliata a suon di gol, dall’altra c’è un ragazzotto di 33 anni sonati che ara la fascia con una classe e una disinvoltura divampante: Joaquin Sanchez Rodriguez, soprannominato “el pisha”, in arte Joaquin.
LA RINASCITA – Un torero mancato: da piccolo suo padre lo portava spesso a vedere la corrida e lui rimase fin da subito affascinato dal personaggio del torero, ma quel mondo non faceva per lui. No. Il calcio era la sua strada, e allora ecco che quel ragazzotto, ai tempi ragazzetto, decise che il dribbling sarebbe stato indubbiamente, e per sempre, il suo marchio di fabbrica. Così come un torero lui punta l’avversario per trafiggerlo in progressione. Il suo è un gioco mentale, esattamente come nella corrida, si aspetta il momento giusto, si osserva l’avversario, le movenze e lo si trafigge quando meno se lo aspetta. Un giocatore imprevedibile a tratti devastante rinato grazie al grande lavoro di Montella. Finito nel dimenticatoio ad inizio stagione, vuoi per il modulo, vuoi per il gran mondiale disputato da Cuadrado, fatto sta che Joaquin era finito nel dimenticatoio. Tanta panchina, poi, totalmente a sorpresa, viene richiamato in causa a Verona contro l’Hellas nel 3-5-2 come esterno di centrocampo, ruolo non propriamente suo ma che riesce a ricucirsi a pennello. Detto fatto Cuadrado è al Chelsea in panchina, Salah segna a sfracello e Joaquin si è ricucito addosso un ruolo che attualmente sembra fatto apposta per lui.
IL FUTURO – Il gol contro il Milan è soltanto l’ultima di una lunga sfilza di giocate pesanti messe a segno dallo spagnolo, ma l’avventura in maglia viola non durerà in eterno. Tra due stagioni probabilmente saluterà la curva per dedicarsi a pieno alla sua squadra del cuore, il Betis. Per adesso però Montella se lo gode, cosciente di avere tra le mani un pezzo da novanta che in campo da anima e cuore fino all’ultimo secondo. Un lavoratore infaticabile che a 33 anni gioca e dribbla con la stessa scioltezza con cui una qualunque persona si lega le scarpe la mattina. Joaquin è questo, l’onestà, l’umiltà, il piacere di giocare a calcio. La rappresentazione umana del divertimento.