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Italia-Croazia è Chievo-Barça: la Nazionale più triste di sempre
Pubblicato
6 anni fa|

Oltre 500 passaggi contro poco più di 200, più del 60% di possesso palla a fronte di un misero 36%, alla Scala di Milano in San Siro e non nell’inferno di Zagabria: la Croazia scherza l‘Italia come il gatto col topo, l’impressione che più fa male dopo la non partita di ieri è che ci avrebbero potuto colpire quando e come volevano ma non lo hanno fatto. Un punto in trasferta, anche se si son fatti sentire più i 5 mila croati che l’intero Meazza tricolore, per gli uomini di Kovac va benissimo, lascia i croati appaiati con gli azzurri in testa nel girone in vista di un ritorno infuocato. Poi è uscito Modric, per fortuna, poi per la stessa buona sorte Perisic non ci ha mandato ko a pochi istanti dal gong finale.
La passività con cui l’Italia ha affrontato la Croazia, squadra di talento per carità ma non la Germania, lascia perplessi: mancava qualche giocatore importante, le scelte di Conte sono frutto di una crisi totale del calcio italiano, ma l’atteggiamento proposto in campo è ben lontano da quello immaginato nel momento in cui ci si è affidati al tecnico leccese mesi fa. L’entusiasmo e le buone premesse frutto delle prime due uscite lasciano spazio oggi ad un realismo cupo, fatto di uomini non all’altezza ed una mentalità da squadretta. La Croazia ha potuto gestire il possesso palla totalmente indisturbato per 3/4 di partita, con l’Italia in trincea chiusa sotto il naso di Buffon a difendere un punto manco fosse il San Marino. E se alla Croazia non fosse stato comodo il pareggio, la sensazione è che saremmo usciti a pezzi dalla sfida di San Siro: l’uscita di Modric ha reso meno complicato il raggiungimento del risultato. Le colpe di un simile spettacolo non possono essere imputate in toto a Conte, se quello che l’Italia può offrire è Darmian, De Sciglio, Soriano, Zaza ed Immobile non è colpa di chi gli allena: la delusione nasce dal come si è affrontati questa e le precedenti due sfide, non con chi. Quando si è insediato Conte sulla panchina azzurra eravamo tutti convinti che, al di là del risultato, non sarebbero mancati grinta, cattiveria agonistica ed intensità di gioco. Una Juve dei poveri, insomma, ma con l’approccio giusto e determinato di chi riesce a trarre il meglio dal materiale a disposizione. Ed invece, se gli uomini in azzurro fossero stati vestiti in gialloblu e quelli con la maglia a scacchi ne avessero avuta una blaugrana, nessuno avrebbe notato la differenza. Italia-Croazia o Chievo-Barça?
Quel cambio poi, El Shaarawy per Immobile con il milanista a fare il terzino e Marchisio il quinto di centrocampo dietro Zaza è stata la morte del calcio e della nostra Nazionale. Uno spettacolo indecente, con la Croazia che quasi non ci credeva: i 4 volte Campioni del Mondo schierati con un 4-5-1, 9 uomini dietro al linea della palla e palla lunga al centravanti senza abbozzare il minimo pressing o linea alta. Ma chi siamo, le Far Oer? A destabilizzare più di ogni altra cosa, vi è la capacità di (a tratti) creare buone azioni seppur a fiammate, dove probabilmente abbiamo messo paura più noi a loro in 5 minuti che viceversa nei restanti 85. Problema di mentalità e personalità, che una coppia d’attacco formata da due signor nessuno certo non può dare: ma torniamo al cane che si morde la coda, ad un Conte poco responsabile della crisi del calcio italiano e del poco che offre.
Non torneremo mica ai piedi di Mario Balotelli?
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