Focus
L’Olanda e il suo calcio totale a 40 anni di distanza
Pubblicato
7 anni fa|
Editor
Jacopo Rosin
Da Rinus Michels a Louis Van Gaal, gli anni passano ma la musica non cambia per l’Olanda e il suo celebre calcio totale. In questi mondiali brasiliani l’Olanda è sicuramente una delle compagini che ha meglio impressionato, non solo per le due vittorie già ottenute – con conseguente passaggio del turno in anticipo – e per i cinque gol rifilati alla Spagna, ma anche per grinta, gioco e quella solita sfrontatezza che fa tornare indietro nel tempo tutti gli appassionati di calcio, rimasti strabiliati dalla Grande Olanda degli anni ’70. Calcio totale quindi, adattato ad oggi, ma si può vincere un mondiale senza difesa? Per ora la storia dice di no.
DA IERI A OGGI – Rivoluzionaria, spettacolare ed estremamente concreta. Era l’Olanda di Rud Krol, Johan Neeskens, Jhonny Rep e soprattutto un certo Johan Cruijff, simbolo di quella meravigliosa Nazionale che stregò il mondo, senza però sollevare nessun trofeo. Due volte in finale e due volte sconfitta – 1974 e 1978 – mettendo in discussione il principio stesso della tattica dei Tulipani: un reparto unico, fluidità estrema, tutti attaccano e tutti difendono. L’Olanda di oggi è di Arien Robben, Robin Van Persie e Wesley Sneider, il trio di fenomeni che rappresentano al meglio la realtà olandese: il primo è scuola PSV, il secondo del Feyenoord e il terzo è un ex lancere tra le fila dell’Ajax. Tre campioni nati dal tris dell’èlite del calcio orange. Per i campioni, quindi, non più monopolio Ajax, com’era per l’Arancia Meccanica del decennio ’70. Van Gaal c’ha messo lo zampino dando una forma alla sua creatura. Difesa alta, a cinque, Vlaar in copertura, Blind e Janmaat esterni alti con De Vrij e Martins Indi – gli ultimi tre sono rappresentanti di un nutrito gruppo del giovane e promettente Feyenoord – utilizzati come veri e propri marcatori fino a centrocampo. Con la Spagna la strategia ha dato i suoi frutti, ma era un match a sè, basti guardare gli occhi della tigre in cerca di vendetta degli olandesi per tutti i 90 minuti, e soprattutto, la poca resistenza offerta dalle furie rosse al cedimento interno evidenziato in questo Mondiale. Ma con l’Australia non si può dire che la difesa non abbia accusato qualche piccola lacuna.
AL TOP O UN ALTRO FLOP – I due gol subiti contro i canguri, le molteplici occasioni lasciate a Cahill e compagni e gli spazi concessi sugli esterni, letteralmente presi d’assalto dagli australiani, possono rappresentare un campanello d’allarme per l’Olanda di Van Gaal, soprattutto in vista dello scatenato Cile. Oar e Leckie hanno dato spettacolo e se sono bastati i due australiani a mandare completamente in confusione De Vrij e Martins Indi ci si può aspettare di tutto con Sanchez e Vargas. Lì davanti l’Olanda fa paura, non c’è dubbio: Van Persie – sarà assente per squalifica contro la Roja – è una sentenza, Sneijder sembra dover ancora carburare del tutto, ma la tecnica non si discute, e poi c’è Robben, che fa correre l’Olanda a 37 Km/h e non è mai stato così concreto sotto porta come in questi Mondiali, 3 gol in due partite. Quello dell’Olanda appare quindi il secondo round di una scommessa iniziata 40 anni fa, ma fin’ora persa: vincere giocando un calcio pensato per l’attacco; chissà che non sia questa la volta buona. Per adesso la storia insegna che, alla fine, è anche grazie alle difese poco battute che si sollevano le Coppe del Mondo, a meno che non si hanno in squadra numeri 10 che hanno fatto la storia del calcio, come Maradona e Pelè, ma Cruijff giocava con il 14 e Sneijder non sembra più quello che sfiorò il Pallone d’Oro nel 2010. Ai posteri l’ardua sentenza, intanto a guardarli il divertimento non manca.
Jacopo Rosin (@JacopoRosin)
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