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Se vinci ti licenzio: la strana storia di Clarence Seedorf

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Clarence Seedorf, allenatore del Milan
Berlusconi, Milan, Seedorf. Spalletti

Silvio Berlusconi e Clarence Seedorf, ai tempi dell’idillio: ora tra l’ex pupillo ed il Presidente le cose sembrerebbero non essere più come prima

Il calcio è il regno dei paradossi. E questa non è una novità. Quello del calcio è un mondo strano. Dove si predica bene e spesso si razzola malissimo. Dove le bandiere vengono ammainate come ferri vecchi, dove cervellotici sospetti valgono più di titoli vinti a mani bassissime. Dove le polemiche contano più del divertimento. Le contraddizioni sono il pane quotidiano di questo sport. Il discorso non vale per tutti, ovvio, ma sono tanti gli aspetti che andrebbero ridimensionati, troppi gli interpreti che dovrebbero darsi una regolata. La storia di Clarence Seedorf, però, le supera tutte di slancio. Perchè è il paradosso dei paradossi. La contraddizione delle contraddizioni. Se vinci ti licenzio. Non sono parole dette veramente – ci mancherebbe – ma è il modo migliore per sintetizzare la folle e confusionaria situazione di casa Milan. Prendi un allenatore, lo investi di fiducia, gli fai pure un contratto faraonico. Fai capire a chiare lettere che lui sarà il tuo futuro, che è l’uomo giusto per aggiustare una situazione precaria e poi ripartire verso un nuovo ciclo vincente. L’allenatore arriva, aggiusta, vince. Sembra quello giusto veramente. Ma poi, in una situazione che apparentemente sembrerebbe il no-sense più assoluto, il giovane manager dei sogni viene delegittimato in tutti i modi. Anche a suon di dichiarazioni toste, che mal si sposano con quel che Seedorf ha fatto fin adesso. Ha vinto. Ha restituito speranza. Ha un’immagine perfetta per quello che è lo stile del Milan. Ma rischia il licenziamento in tronco. Eh?

RENDIMENTO DA CHAMPIONS LEAGUE – Con questo Milan, Seedorf ha fatto quasi un capolavoro. Media punti di 1,7 a partita. Trentadue punti conquistati nel girone di ritorno: dieci in più di Allegri, e con una partita in meno. Uno solo in meno del Napoli, terza squadra ad aver totalizzato più punti dietro le imprendibili Juventus e Roma. All’ultima giornata, considerando soltanto l’era Seedorf, il Milan si giocherebbe l’accesso in Champions League. E’ uscito agli ottavi con l’Atletico Madrid, è vero. Ma poi l’Atletico ha fatto fuori in serie Barcellona e Chelsea, a testimonianza del fatto che passare il turno era impresa improba. Ha restituito lustro al club, rivitalizzato una squadra allo sbando. Dandole un gioco ed un’identità. Carisma, competenza, idee, intelligenza, educazione. Inscalfibile sempre, ma col sorriso sulle labbra. Parliamoci chiaro: Berlusconi e Galliani meglio non potevano scegliere. Ma allora perchè sembrerebbero aver cambiato idea?

FERMARSI A RIFLETTERE – Le più alte cariche dirigenziali del Milan dovrebbero fermarsi a riflettere. Non si può buttare via cosi’ un’idea che sta rivelandosi spettacolare. Di certo non sono i risultati – ottimi – a pesare come un macigno sul destino di Seedorf. Probabilmente è qualche attrito interno in società, qualche punto di vista non condiviso. Si, ma cosa? Cosa può essere successo di tanto grave da sconfessare un progetto appena nato, e per giunta nato come meglio non si poteva? Nessuno lo sa. O meglio, forse qualcuno sa, ma non dice. Di certo non parla di questo Seedorf, che continua dritto per la sua strada nonostante le difficoltà legate al doversi sentire sulla graticola senza un motivo chiaro. Convinto che, comunque vada, avrà ben poco da rimproverarsi. Oggi Berlusconi è sembrato per la prima volta possibilista su una possibile prosecuzione del rapporto professionale. La speranza è che torni sui suoi passi e ci ripensi. Clarence diventerà un grande allenatore, con o senza Milan. Ma se il Milan vuole tornare grande e farlo in fretta, non deve buttare via il suo Guardiola. Non avrebbe assolutamente senso.

Vincenzo Galdieri
Twitter: @Vince_Galdieri 

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