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“Il derby d’Italia? E’ Juve-Roma”
Pubblicato
7 anni fa|
Editor
Enrico Steidler
Calciopoli e dintorni. Sono trascorsi ormai quasi otto anni dal ciclone giudiziario che travolse la Juventus, ma per qualcuno la ferita è ancora aperta e va disinfettata col vetriolo. E’ il caso, guarda caso verrebbe da dire, di Luciano Moggi, che dalle pagine di Libero torna alla carica contro l’avversario più detestato (l’Inter, ça va sans dire) nel maldestro tentativo di rendere pan per focaccia e di “retrocederlo” il più possibile.

Gianni Brera
IL RANCORE AL POTERE – “Potremmo parafrasare la famosa poesia di Alessandro Manzoni «Il Cinque Maggio» – esordisce l’ex dg dei bianconeri – per dare le nostre impressioni su Juventus-Inter che Gianni Brera definì a suo tempo «derby d’Italia». E badate bene che non si tratta del 5 maggio 2002” – precisa lo spiritosissimo Moggi – “quando l’Inter perse un campionato all’ultima giornata, arrivando addirittura terza da prima che era. Si vuole invece evidenziare come quella squadra si sia disciolta ed esistano adesso solo le spoglie di quella che era la Grande Beneamata. Potremmo cominciare proprio dall’inizio: «Ei fu» aggiungendo a nostra penna «ma non c’è più». Come tutte le cose datate che perdono l’appeal” – l’autoironia è sicuramente involontaria – “questa partita non si può più chiamare derby d’Italia. Brera intese definirla così perché a quel tempo Juve e Inter erano le migliori mentre adesso c’è solo “la” migliore, la Juventus. Dell’Inter invece si sono perdute le tracce appena finita l’onda lunga di Calciopoli: oggi è a 26 punti dalla Juve, nel suo alveare (sic!) normale pre-2006. Più giusto sarebbe adesso chiamare derby d’Italia Juventus-Roma o Juventus-Napoli (…) Coinvolgere l’Inter in questo momento ci sembra inopportuno perché, dopo quello che abbiamo visto allo Juventus Stadium, potrebbe suonare infatti offensivo per le altre formazioni. È stato un monologo bianconero, tant’è che gli juventini si sono anche concessi un po’ di svago dopo il terzo gol regalando il 3-1 ai nerazzurri allo sbando”.

Senza parole
I PRECEDENTI – No, non stiamo parlando di quelli penali, ma delle circostanze in cui Lucianone si lasciò andare a identiche considerazioni. L’ultima, in ordine cronologico, risale al match dell’andata (concluso sul risultato di 1-1): “Fu il grande Gianni Brera a definirlo il derby d’Italia” – dichiarò lo scorso settembre Moggi a Calcionews24.com – “ma negli ultimi anni è stato tutto tranne che un derby, perché la Juventus ha dimostrato una superiorità costante nei confronti dell’Inter, basti pensare che i bianconeri hanno chiuso l’ultimo campionato con 33 punti in più. La famosa sfida del 26 aprile ’98? Quell’intervento di Iuliano su Ronaldo è un problema arbitrale, stava al direttore di gara giudicare se fosse fallo o meno. Non bisogna dimenticare, invece, che precedentemente la società nerazzurra aveva tesserato l’extracomunitario Recoba andando contro le normative dell’epoca. L’Inter poteva essere retrocessa e non avrebbe giocato nessuna partita a Torino, ma una in serie B sì. Diciamo comunque che quella era una buona Inter: ecco, a quei tempi si poteva parlare di derby d’Italia, a differenza di adesso. Tra le due squadre oggi c’è un divario troppo ampio, che non lascia scampo a interpretazioni”. Insomma, niente di nuovo sotto il sole…
GLIELO SPIEGATE VOI? – Lunga vita a Wikipedia! Secondo l’enciclopedia più consultata e benemerita del mondo la locuzione “Derby d’Italia” fu “usata per la prima volta dal giornalista Gianni Brera nel 1967 per indicare il confronto tra due squadre caratterizzate da una profonda rivalità, tipica delle sfide “stracittadine”, chiamate derby”. Ed è così, né più né meno. Il numero di trofei conquistati, quindi (i tifosi del Milan mugugnarono parecchio in passato a tale riguardo), o lo stato di forma del momento (domanda: dov’era Moggi fra il 2009 e il 2011, ai tempi del memorabile squadrone guidato dai capitani di s-ventura Ferrara, Zaccheroni e Delneri?) non c’entrano niente, così com’è irrilevante – sotto questo aspetto – la retrocessione in Serie B: è la rivalità, antica e profonda, a fare il derby fra due squadre che hanno scritto la storia del calcio italiano. L’unica differenza, rispetto alla fine degli anni ’60, è che allora questo antagonismo sapeva raggiungere vette sublimi, basti pensare a come lo vivevano e interpretavano uomini come Giampiero Boniperti e Peppino Prisco, due porta-bandiera feroci – se vogliamo – ma ironici e leali. Altri tempi. Prima di Calciopoli, e di Luciano Moggi.
FORSE NON TUTTI SANNO CHE… – L’uomo che cita (a sproposito) Gianni Brera – e che non perde mai l’occasione per mettere in cattiva luce la Società che fu tra le cause della sua imprescrittibile rovina – è lo stesso che l’avvocato Gianni Agnelli definì “lo stalliere del re, che deve conoscere tutti i ladri di cavalli”, e pure lo stesso che negli anni ’70 fu letteralmente messo alla porta da Boniperti, stufo – per usare un eufemismo – dei suoi comportamenti ritenuti troppo disinvolti. Per non parlare, poi, dei limpidi trascorsi di Big Luciano al Torino (quando fu inquisito “insieme al suo collaboratore Luigi Pavarese per illecito sportivo e favoreggiamento della prostituzione per le squillo fornite agli arbitri in occasione delle partite di Coppa UEFA della squadra granata”, Wikipedia docet) e alla Roma, quando Dino Viola “viene a conoscenza del fatto che Lucianone, alla vigilia della partita con l’Ascoli, è stato a cena con l’arbitro dell’incontro Pieri. È il 25 novembre 1979 e si gioca la decima giornata di campionato. La Roma vince la partita 1-0 ed il presidente ascolano Costantino Rozzi si infuria per un arbitraggio, secondo lui, filo-romanista. Negli spogliatoi incontra il presidente giallorosso, al quale non risparmia critiche nei confronti di Moggi, colto in flagrante – dal segretario bianconero Armillei, dal consigliere Sabatini e dall’avvocato della società Girardi – al ristorante in compagnia dell’arbitro e dei due guardalinee. È questa la goccia che fa traboccare il vaso e Viola decide di liberarsene”.
Potremmo parafrasare la famosa poesia di Alessandro Manzoni «Il Cinque Maggio», scrive Moggi su Libero…e il nostro pensiero vola subito – chissà perché – al “Quattro Maggio (2006)”, ode che si ispira al giorno in cui scoppiò il più grande scandalo della storia del calcio. Non la conoscete? Questi sono i primi versi: “Ei fu. Siccome intercettato, registrato il reo sospiro, stette l’imputato immobile, orbo di tanto raggiro, così infuriata, attonita, la pubblica opinione al nunzio sta, ma compiaciuta pensando all’ora d’aria dell’uom fatale”… Peccato che lui finga di non conoscerla…
Enrico Steidler
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