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Cronaca

Oms, carni rosse e tumore: attaccare l’industria nuoce gravemente alla salute

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Lo sanno tutti da decenni, Umberto Veronesi lo raccomanda da una vita, e come lui decine di migliaia di oncologi e istituti di ricerca sparsi ovunque per il pianeta: evitate il consumo di carne rossa, in particolar modo quella lavorata (würstel, insaccati, salumi trattati con conservanti, ecc.), perchè il sospetto che sia all’origine di danni irreparabili – leggi tumori – alla salute umana è ormai quasi una certezza (sì, quasi: le evidenze incontrovertibili appartengono solo alla filosofia). Lo sa bene anche l’Oms, che pur con colpevole ritardo ha lanciato tre settimane fa un grido di allarme tanto motivato quanto contrastato. “Mi sono appena mangiata una bella bistecca – disse allora il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin facendo un bel ruttino alla faccia della sua ‘mission’ – Non bisogna demonizzare gli alimenti”. E già: informare la gente sui rischi connessi a certe abitudini alimentari equivale a ‘demonizzare‘ per l’industria della carne e i suoi megafoni politici, e se questa demonizzazione provoca danni scientificamente misurabili all’organo più vitale di costoro – il portafoglio – ecco che dalle parole (“Non vanno assolutamente creati allarmismi esagerati osservò il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina) si passa presto ai fatti.

La sede dell'Oms a Ginevra

La sede dell’Oms a Ginevra

VI RIDURREMO IN POLPETTE – E’ di queste ore la notizia che la Federazione Italiana dell’Industria Alimentare e altre federazioni di industriali europei stanno valutando l’ipotesi di citare in giudizio l’Oms “per la grave imprudenza dimostrata nella comunicazione relativa allo studio sulle carni rosse o trasformate, non corrispondente agli elementi certi a disposizione”. A sostegno della querela ci sono i dati diffusi dalle associazioni di categoria Assica e Assocarni (a una settimana dalla comunicazione dell’Oms si è registrato nella sola Italia un calo delle vendite pari al 17% per i würstel, al 14,7% per la carne in scatola, -11,6% per la carne elaborata, -9,8% per i salumi e -6,8% per la carne fresca) e il meticoloso ridimensionamento dell’autorevolezza altrui. “C’è estrema carenza di basi scientifiche solide”, tuona il presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia tirando in ballo uno studio – pubblicato nel 2013 dal Journal of Clinical Epidemiology – secondo il quale più della metà delle raccomandazioni dell’Oms sono contraddistinte da un grado di evidenza scientifica “basso o molto basso”. Insomma, siete dannosi, dice il re delle fettine, e pure inaffidabili, quindi dovete pagare.

LO SQUALO DELLE COSCIENZE – Ora, al di là di ogni considerazione etica su chi fa dell’inutile sterminio di animali una ragione di vita, e sul pauroso impatto ambientale (in termini di inquinamento e di saccheggio di risorse preziose come l’acqua, ad esempio) provocato dall’industria della carne in tutto il mondo, vale la pena di fare una breve osservazione e, perché no, anche una piccola diagnosi. Avete presente “Lo squalo” di Steven Spielberg? Ricordate l’avventato allarmismo del capo della polizia sulla probabile presenza di un mangiatore di uomini nelle acque dell’isola di Amity? E i loschi tentativi di insabbiare il tutto messi in atto dal sindaco della città, preoccupato per il danno economico che la diffusione della notizia – non supportata da evidenze scientifiche – avrebbe provocato al turismo locale? Notate anche voi delle analogie, per caso? Chi sono i veri squali, in fondo? Quelli che se ne vanno per i mari seguendo la loro natura, o quelli che pensano solo al business? “Mi sono fatto una bella nuotata fino al largo e sono ancora vivo”… Questa battuta nel film non c’è, ma nella realtà sì, purtroppo.

Il tumore? Molto probabile, ma a quanto pare c’è qualcosa di assolutamente sicuro provocato su certa gente dal consumo di carni rosse e lavorate: cresce il pelo sullo stomaco, e le evidenze sono sotto gli occhi di tutti.

Enrico Steidler

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