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Matteo Renzi, il fascino discreto della borghesia

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Matteo Renzi

“In una conferenza stampa a Nuova Delhi – scriveva Indro MontanelliHenry Kissinger ha dichiarato che verrà a Roma e andrà a pranzo dal presidente Leone, ma non parlerà di politica perché quella italiana è, per lui, troppo difficile da capire. È la prima volta che Kissinger riconosce i limiti della propria intelligenza. Ma vogliamo rassicurarlo. A non capire la politica italiana ci sono anche cinquantacinque milioni di italiani, compresi coloro che la fanno”. Diciamo la verità: a distanza di quarant’anni le parole di Montanelli non hanno perso un briciolo del loro smalto, e come tutte le vicende della politica italiana anche le macroscopiche proporzioni della vittoria di Renzi sembrano appartenere alla dimensione delle cose troppo difficili da capire.

Sembrano. A ben vedere, infatti, la spaventosa mazzata subita da Grillo è la classica eccezione alla regola, e basta pensare di nuovo a Montanelli (e alla sua celebre esortazione “Turatevi il naso e votate DC”) per capire che questa volta le cose sono insolitamente chiare: l’Italia che negli anni ’70 accorse alle urne turandosi il naso e sbaragliando il Pci somiglia molto a quella che oggi ha trionfato nel nome di Renzi-Carlo Martello, e il nemico, oggi come ieri, batte in ritirata leccandosi le ferite. Puro buon senso, in fondo, o solita incapacità – tutta italiana – di fare la rivoluzione (come in Francia con Marine Le Pen e in Regno Unito con Nigel Farage)? Prova di lodevole moderazione, o paura di cambiare? Ogni opinione è lecita.

Beppe Grillo

Beppe Grillo

Dunque, ricapitoliamo. Come scrive oggi Claudio Cerasa sul Foglio, l’ex sindaco di Firenze è il “leader dell’unico partito di governo che in Europa avanza alla grande invece che indietreggiare; capo dell’unico governo in Europa che, insieme con la Germania, riesce a non far crescere i populisti ma persino a contenerli, quasi a rottamarli; primo leader di sinistra che in Italia riesce a portare un partito progressista sopra la soglia del 34 per cento, guadagnando 15 punti rispetto al Pd della non vittoria bersaniana, trasformando il Pd nel partito più votato d’Europa. Un risultato storico, insomma, una vittoria schiacciante che nessuno – sondaggisti compresi, che per nostra fortuna non fanno l’ingegnere o il chirurgo – era stato capace di prevedere. A renderci unici nel panorama europeo, però, non ci sono solo il Pd e la Waterloo dei populisti, ma anche la mezza débacle del centrodestra. E se quest’ultimo risultato (peraltro meno sorprendente) è compensato, almeno in parte, dall’exploit di chi è populista e destrorso al tempo stesso (la Lega Nord), è chiaro che il vento che altrove soffia impetuosamente si è ridotto, al di qua delle Alpi, a brezzolina ansimante o poco più.

E così, mentre il presidente del Nuovo Centrodestra Angelino Alfano raggiunge a fatica la soglia del 4% e i Fratelli d’Italia di sorella Meloni restano confinati in madrepatria a invidiare i Cugini di Francia, il Leader del sinistra-centro-destra si gode la vittoria (davvero sproporzionata, anche rispetto ai suoi meriti, ma facile da capire col senno di poi) e il fortunatissimo ricorso storico: per milioni di italiani, infatti, c’era innanzitutto un “Nemico comune” da sconfiggere, un Grillo sparlante da schiacciare contro il blog, e…chi meglio di Pinocchio?

Enrico Steidler

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