Focus
Charlie Morgan, uno di noi

Charlie Morgan
SWANSEA, 25 GENNAIO – Fino a poco tempo fa, diciamo una decina d’anni, l’Inghilterra del calcio si distingueva ancora – in meglio – dall’Europa. A dividerla dal continente non era solo il mare, ma una cultura sportiva diffusa uniformemente in tutta la società: niente simulazioni, siamo inglesi era una norma di comportamento che gli isolani osservavano scrupolosamente non perché fosse scritta su un foglio di carta (chi conosce, e ama, quel popolo, sa che questa sarebbe stata, semmai, un’ottima ragione per trasgredirla) ma perché era incisa nel proprio dna sportivo
, era la forma della sostanza. Niente sceneggiate: qui c’è l’oceano, non il Mediterraneo è stato per decenni il marchio di fabbrica e al tempo stesso il fiore all’occhiello del calcio
d’oltremanica. Di più: è stato un modello da seguire, un faro acceso nella notte della maleducazione e della “furbizia”.
Ora che la sostanza si è impoverita anche fra i suoi gelosi custodi, la forma ne è il riflesso più spietato.
Quel che si è visto sul campo dello Swansea, infatti, non ha alcunché di “britannico” nel senso nobile della parola, e ricorda molto da vicino – semmai – le tradizioni di ben altre latitudini. E’ proprio il Galles il luogo dove voi ambientereste istintivamente la brutta storia del raccattapalle platealmente antisportivo e del giocatore che si fa giustizia da sé?
E se è vero che una cosa del genere può succedere ovunque (anche nella terra che ha visto sì fiorire la cultura sportiva, ma pure gli Hooligan) è ancor più vero che non allarmerebbe nessuno se si trattasse di un caso isolato, dell’eccezione che conferma la regola. Il problema è che le cose non stanno più così, e che la “furbizia” sta dilagando anche fra coloro che l’hanno sempre detestata, e che hanno sempre riconosciuto – in questo loro sentimento di disgusto – la prova evidente (e rinfacciata) di una certa “superiorità” morale.
Qui non intendo, lo sottolineo a scanso di equivoci, prendere le difese di Hazard, cui d’altra parte non mancano né il sostegno né la solidarietà: per come la vedo io, il Chelsea dovrebbe confinarlo in tribuna per almeno cinque partite a prescindere dalle decisioni della giustizia sportiva. E’ il pessimo comportamento, infatti, al di là del contatto e della sua entità, che deve essere censurato e punito. Sarei molto curioso, tuttavia, di conoscere l’opinione di Zola, Di Matteo, Vialli e Di Canio (che per aver simulato fu subissato dai fischi dei suoi stessi tifosi e ora è più inglese degli inglesi) a riguardo di questa vicenda, che mi sembra penosa non solo per gli isolani, ma soprattutto per noialtri del continente, che avevamo un modello e ora lo vediamo perdersi fra le nebbie.
Vorrei sapere, ad esempio, cosa ne pensano loro di tutte le simulazioni che si vedono ultimamente, e che spesso ingannano l’arbitro falsando le partite (tanto per dirne una Aston Villa-Southampton 0-1 di due settimane fa). Ai loro tempi – e non stiamo parlando del Pleistocene – simili episodi erano molto più occasionali e soprattutto non erano imitati: il simulatore “tipico”, fino a qualche anno fa, era il giocatore straniero appena arrivato in Premier e non ancora conformato alle sue rigide consuetudini.
Ma non si tratta solo di questo, ovviamente, e quel che è successo a Swansea è davvero emblematico. Qui, infatti, c’è un raccattapalle che alla vigilia della partita twitta in questi termini i suoi nobili propositi (Il re dei raccattapalle è tornato per la sua ultima apparizione, c’é bisogno di perdere tempo!), e poi si pavoneggia su Facebook per esserci riuscito. Eppure la sua notorietà, che oggi è motivo di vanto, Charlie Morgan non l’avrebbe augurata a nessuno fino a qualche anno fa. Qualcosa è cambiato, quindi, e non in meglio.
E che dire di Hazard, che affretta il recupero del maltolto in modo così puerile – molto più che violento – facendo il gioco del furbastro, che non aspetta altro? E della reazione così “mediterranea” del pubblico, che in altri tempi avrebbe fischiato entrambi i protagonisti della pietosa scenetta? E di quella, last but not least, della stampa di maggior prestigio, tradizionalmente orientata ad assumere posizioni di ragionato (e ragionevole) equilibrio più che a sbattere il “mostro”-Hazard in prima pagina?
Come sono diventati “europei” gli inglesi, verrebbe da dire. Charlie Morgan, in fondo, non è più il bad boy che sarebbe stato rimproverato aspramente (e schernito di brutto) per il suo comportamento: Charlie Morgan è uno di noi, è il raccattapalle della porta accanto, è la povera (si fa per dire: suo padre, il cui patrimonio si aggira sui 50 milioni di euro, è il 32° uomo più ricco del Galles) vittima del ricco calciatore arrogante e della sua “follia”. E dire che tutto questo si consuma mentre il Regno Unito ridiscute il suo ruolo all’interno della Comunità Europea (nella quale fatica non solo a trovare un vero e proprio utile ma anche, in qualche misura, a riconoscersi) e Cameron annuncia l’intenzione di sottoporre all’elettorato un referendum sulla spinosa questione.
Bah. Se continua così (vediamo intanto come va a finire questa vicenda, e vediamo se Charlie, già idolo dei tifosi, si beccherà una specie di Daspo, come merita, oppure no), in futuro non saranno più la cultura sportiva e l’understatement, né tanto meno un referendum, a dividere l’Inghilterra dall’Europa. In futuro, resterà solo il mare.
Enrico Steidler
