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Milan-Juventus | Perché Conte è migliore di Allegri
Vincente, e come tale, antipatico a molti: questo è Antonio Conte, idolo per i tifosi bianconeri, nemico per tutti gli altri; un destino comune che appartiene a tutti i grandi personaggi del calcio. Eppure, quando la panchina dell’Italia cercava un padrone, non solo gli juventini speravano che fosse proprio lui, Antonio Conte, a prenderne possesso: in azzurro non c’è posto per le antipatie.
VINCENTE – La carriera di Antonio Conte parla la lingua del successo, comprensibile solo a chi ha dimestichezza con l’alzare trofei. Con la Juventus il Conte giocatore si è tolto ogni sfizio, vincendo tutto ciò che il palmarès ti permette di festeggiare. In Nazionale meno fortuna, ma si sa: pochi eletti sono entrati nel valhalla del calcio mondiale, paradiso che ha escluso fuoriclasse incisi nella storia presente e passata di questo sport: come Crujiff o CR7, per esempio, campioni con i club, ma eterni sconfitti con Olanda e Portogallo. Conte ha fatto tesoro di quegli anni passati sul tetto del mondo, sfruttando ogni dettaglio come allenatore. Dopo Siena e Arezzo, l’ex tecnico bianconero ha fatto vedere di che pasta era fatto guidando il Bari, ottenendo la promozione in Serie A e la personale Panchina d’Argento per la stagione 2008-2009. Già allora il gioco sulle fasce contava parecchio nella filosofia di Conte. Le parentesi a Bergamo e – nuovamente – al Siena l’hanno temprato, completato, testato. La Juve era nel suo destino e un vincente brama sempre la vittoria. Prende una Vecchia Signora reduce da due settimi posti e la riporta ai vertici del calcio italiano, dove rimane per le tre stagioni successive, prima del richiamo dell’irrinunciabile tricolore. Voglia, grinta, determinazione, ambizione, attenzione scrupolosa, carattere; questi alcuni degli ingredienti della sua Juventus, tutti elementi che appartengono al Conte Uomo.
RIFLESSO – Il suo affezionatissimo 3-5-2 può piacere o meno, ma una cosa è certa: il fondamentale che per i tifosi non deve mai mancare dai propri beniamini è sempre all’ennesima potenza, e non si parla ne’ di tecnica ne’ di tattica. L’anima è una cosa che non si può insegnare sul campo, tra paletti e cinesini, bisogna saperla diffondere come il contagio di un virus e ci sono pochi dubbi che Conte, attualmente nel nostro paese, in questo sia uno dei migliori. I suoi giocatori dicono di lui che la maniacalità con la quale lavora è a livelli impressionanti, così come la volontà che le sue squadre lottino fino al 95′, anche sul 4-0 a favore; meno soddisfacente – secondo gli stessi giocatori – il rapporto allenatore-spogliatoio dal punto di vista psicologico, apparentemente poco sviluppato. Forse queste pretese tattiche possono alla lunga logorare un gruppo, ma per ottenere risultati in breve tempo sembra essere un approccio che paga. Tre Scudetti in tre anni, e due partite in azzurro che hanno restituito alla Nazionale l’immagine di carattere e grinta, dettagli svaniti nel nulla da qualche tempo. Conte bada al sodo, magari meno bellezza stilistica nel suo gioco, ma assoluta concretezza e cinismo per raggiungere l’obiettivo. Il calcio è dei vincenti e, come insegnano i saggi, una squadra è lo specchio del proprio allenatore.
Jacopo Rosin (@JacopoRosin)