Cronaca
Billi e Ferrara santi subito: Dio sarà d’accordo?

Ci sono certe prime pagine che hanno fatto la storia del giornalismo e che verranno ricordate per sempre. C’è modo e modo, però, come in tutte le cose, per guadagnarsi l’immortalità. Prendiamo, ad esempio, il buon vecchio Cuore di Michele Serra e il memorabile titolone dedicato nel marzo 1991 al partito di Bettino Craxi: “Scatta l’ora legale: panico tra i socialisti”. Che dire? Meraviglioso…Ma se lo stesso giornale cambia direttore, e da Serra si passa a Claudio Sabelli Fioretti, ecco che nella storia ci si entra comunque, ma dalla parte sbagliata: “Tutto pronto all’inferno per l’arrivo di Muccioli” titolò Cuore nel settembre del ’95 quando si diffuse la notizia che il fondatore della comunità di San Patrignano aveva ormai le ore contate. Che dire? Inopportuno è dire poco.

La prima pagina del Foglio di oggi
A scanso di equivoci, desidero sottolineare che chi scrive non aveva (e non ha) alcuna simpatia per Vincenzo Muccioli e la sua florida azienda così cara alla famiglia Moratti, ma di fronte a un simile scempio del benché minimo senso di umanità ogni altra considerazione passa in secondo piano; anzi, scompare proprio, e c’è spazio solo per lo sbalordimento e l’irritazione. Ecco le sensazioni che ho provato questa mattina di fronte alla prima pagina del Foglio di Giuliano Ferrara e al titolo del bell’articolo (e sì, perchè il pezzo, in sè, merita) firmato da Francesco Billi: “Dio sarà d’accordo? La croce di Giovanni Paolo II che uccide un disabile non significa niente? Santo Roncalli va bene. Ma santo Wojtyla? Una lunga lista di pecche che ha poco a che fare col Paradiso. Preti pedofili, Ior, mafia, comunisti, dittatori sudamericani“.
IN NOME DI DIO… – Sia chiaro, la critica a Karol Wojtyla, rivolta nell’occasione più solenne e “imperdibile” ci sta tutta, a mio giudizio, e le perplessità di Billi (e di Massimo Fini, del New York Times, dell’Independent, ecc., ecc.) a riguardo della sua canonizzazione sono…sacrosante. Ma titolare “Dio sarà d’accordo?” e fare riferimento alla “croce di Giovanni Paolo II che uccide un disabile” come se si trattasse di un inequivocabile “segno” del disappunto divino (“non significa niente?”) è qualcosa che va davvero al di là, al di là di tutto, e che ha già fatto il suo ingresso trionfale nella Hall of (In) Fame della storia del giornalismo. Qui non si tratta, infatti, di essere spietati o politicamente scorretti (qualità che a volte possono diventare virtù, vedi il Manifesto e il suo Omissis est per la morte di Andreotti), ma solo follemente provocatori e, quel che è peggio, banalmente disumani.
Ora, di fronte a un titolo così memorabile ogni ipotesi è legittima, spensierata leggerezza esclusa, e possiamo quindi ricercarne le cause un po’ ovunque. Risentimento border-line? Rigurgiti di medioevo? Pennichella della ragione? Nostalgia del Vecchio Testamento? Tutto può essere, ma credo che qui si tratti, più che altro, di smodata frenesia di provocazione, di foga insensata e fuori dal tempo, da qualunque tempo. “La moralità della satira si misura con altri parametri” – scrisse Sabelli Fioretti quando fu subissato di critiche per il titolo su Muccioli – “Non chiedete alla satira quello che la satira non può dare: la bontà, la compassione”. Ecco, le infelici parole di Fioretti diventano perfette (e valide in ogni circostanza) se vengono lette così: la moralità degli uomini si misura con questi parametri. Non chiedete a certi uomini quello che non possono dare: la bontà, il buon esempio.
Enrico Steidler
