Focus
Moyes, Ferguson e il Manch…Inter United

Ammettiamo per un attimo che dietro al polverone mediatico sollevato dai giornali inglesi ci sia qualcosa, anzi tanto, di vero, e che sia stato proprio Ferguson in persona a vestire i panni del boia e a offrire ai tifosi avidi di sangue la testa del suo delfino David Moyes, il tecnico scozzese messo sotto contratto per sei anni il 9 maggio dell’anno scorso per volere del “monumento vivente” e ora silurato a pochi giorni dalla prima candelina sulla torta. In questo cupo scenario, il desiderio di sir Alex di porre fine alle (dis)avventure del “Prescelto” (The Chosen One”) sulla panchina dei Devils sarebbe stato condiviso, secondo i media britannici, da Bobby Charlton e altri “grandi vecchi” molto influenti alla corte di re Malcolm (Glazer).

Alex Ferguson
ALLENATORE E GENTILUOMO – Una congiura di palazzo, quindi, consumata sulla pelle di chi si è poi congedato usando queste parole: “Essere nominato manager del Manchester United è stato e resta qualcosa di cui sarò sempre incredibilmente fiero. Ero consapevole del fatto che assumere l’incarico dopo un simile periodo di stabilità e successi sarebbe stata inevitabilmente una sfida stimolante, ma è qualcosa che ho apprezzato e non ho mai avuto bisogno di un secondo per pensarci su. Sono pieno di gratitudine nei confronti di Sir Alex Ferguson per aver creduto nelle mie capacità e avermi dato l’opportunità di allenare il Manchester United”.
THE BENNY FERGUSON SHOW – Ok. Ammettiamo pure che sia tutto vero, e che quello di Moyes, 11 anni sulla panchina dell’Everton, sia il modo più elegante e signorile per dire Tu quoque, Alex, “pater” mi? In ogni caso, veri o falsi che siano i retroscena, il fatto – in sé – non cambia di una virgola: un tecnico ingaggiato per sei anni e “benedetto” dal placet più autorevole è stato messo alla porta dopo soli 11 mesi e a tre giornate dalla fine del torneo. Roba da chiodi, diciamolo, e la sensazione di assistere a una comica, più che a un melodramma sportivo, diventa quasi una certezza se si considera (sempre stando ai media d’oltremanica) che a designare il prossimo Prescelto sarà proprio lo stesso Ferguson. Ma come? Dopo aver cannato un compito così delicato e importante come quello di designare il suo successore, ora a sir Alex viene offerta una seconda possibilità (di sbagliare)? Sia come sia, qui c’è qualcosa che non va, e che ricorda molto da vicino l’Inter di Moratti dei brutti tempi che furono, quelli dei valzer sulle panchine, dei zero tituli e del siamo (in)decisi a tutto.

L’aereo noleggiato dai tifosi del Manchester United (“Wrong One-Moyes out”, “Quello sbagliato-Moyes vattene”) sorvola l’Old Trafford
L’ISTER…INTERISMO AL POTERE – Ora, al di là della campagna acquisti a dir poco parsimoniosa, dei tre anni e mezzo che furono necessari a Ferguson per vincere il primo trofeo sulla panca dei Devils (la Coppa d’Inghilterra), dell’indubbia difficoltà di ereditare un trono “rovente” come quello di sir Alex saziando fin da subito l’appetito di chi è abituato a ostriche e champagne e infine, last but not least, dell’esempio di Brendan Rodgers (che il Liverpool si è tenuto stretto malgrado lo scorso annus horribilis e che ora è in testa alla Premier League), una cosa pare evidente: al ManchInter United le idee sono poche, ma confuse, e sembra che a guidare la società non sia una dirigenza come si deve ma il pubblico (con i suoi umori uterini, le sue considerazioni istintive e i suoi cori di scherno), la squadra o altri personaggi che non dovrebbero mai e poi mai sostituirsi a chi decide e comanda. Un dejà-vu, insomma, qualcosa che ci riporta al passato dei nerazzurri e che ben difficilmente può rappresentare la premessa di un futuro radioso.
SIAMO PRESIDENTI O CAPORALI? – Questo non significa – sia detto a scanso di equivoci – ridimensionare le colpe di David Moyes (chi non ne ha?) e neppure cestinare le ragioni di chi storceva il naso di fronte al (non) gioco espresso da Rooney e compagni in più di una circostanza. Tuttavia, l’esonero a tre giornate dalla fine del torneo di un tecnico al quale ci si era affidati come a una sorta di nuovo Messia la dice lunga sulla mancanza di polso e di stile che ora regnano in casa Glazer, e vale la pena di sottolineare, a riguardo delle similitudini fra l’Inter che fu e lo United che è, il new deal inaugurato – almeno a parole – dal patron indonesiano della Beneamata. Interrogato per l’ennesima volta sul destino di Mazzarri, Thohir ha così riassunto il suo pensiero: “Per avere una società solida c’è bisogno di un processo e spesso nel calcio le cose cambiano con troppa fretta, ma io non voglio questo. Mazzarri avrà a disposizione il prossimo anno per costruire la squadra” . Un po’ come dire: caro Walter, l’anno scorso ti ho dato fiducia, non l’ho persa nonostante i passi falsi e continuerò ad averla almeno fino a giugno 2015. Ok, tutto ciò si può condividere o meno, ma è così che deve parlare (e fare) un presidente. Altrimenti, finisce che a comandare sono i caporali.
Enrico Steidler
