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Burak Karan: da promessa del calcio tedesco alla morte come membro della Jihad


Nella foto l’under 17 tedesca con Burak nel tondo e Kevin Prince Boateng nella fila sotto di lui a sinistra
Dai campi di calcio ai campi di battaglia. E’ questo il percorso intrapreso da Burak Karan, ex centrocampista tedesco di origini turche morto un mese fa in Siria, dove combatteva le truppe armate fedeli al presidente Assad come membro della Jihad. Una storia assurda per questo ventiseienne, che fino a pochi anni fa militava nella nazionale tedesca under 21 insieme a gente del calibro di Kevin Prince Boateng o Sami Khedira. La storia è stata riportata questa mattina dalla Bild, il più famoso tabloid di lingua tedesca. Una storia che ha lasciato perplessi e scioccati milioni di tedeschi, ma che rappresenta un esempio di mancata integrazione.
IL BURAK CALCIATORE – Nato a Wuppertal da genitori turchi, il giovane Burak Karan dimostra fin da subito di saperci fare col pallone tra i piedi e fin dalla più tenere età entra a far parte del settore giovanile dell‘Hannover, squadra di Bundesliga. Le prestazioni del giovane tedesco di origini turche non passano inosservate, tanto che nel 2004 viene convocato nella nazionale tedesca under 17, dove trova come compagni futuri calciatori famosi come Kevin Prince Boateng o Sami Khedira. I vari allenatori che hanno seguito Burak sostengono che il ragazzo avesse tutte le carte in regola per sfondare nel calcio professionistico e giocare in Bundesliga. Il futuro sembra dalla sua parte ma c’è un lato della personalità del giovane Karan che anno dopo anno emerge sempre di più. Egli è un fervente musulmano e prega circa 5 volte al giorno, come dichiarato dal tecnico della primavera dell’Hannover, tanto che ad un certo punto comincia a passargli per la testa il pensiero di smetterla col calcio.
IL BURAK ESTREMISTA – “Soldi, carriera, non erano cose importanti per lui. Era sempre su internet, a seguire le notizie dalle zone di guerra. Era angosciato per le vittime, voleva aiutare i propri fratelli musulmani.” Queste sono le parole del fratello Mustafa, che sottolinea come nel tempo Burak sviluppi un sentimento di rabbia verso le ingiustizie subite dalle popolazioni arabe. Inizia con raccolte fondi o con manifestazioni in favore dei popoli colpiti dalle guerre in Medio Oriente, poi nel 2008 la grande svolta. Burak, ventenne all’epoca all’Aachen, serie B tedesca, incontra un associazione di islamisti radicali, facendosi coinvolgere subito nell’attività del gruppo e divenendo un personaggio conosciuto dalle autorità di polizia tedesche, le quali monitorano gli atteggiamenti e le azioni sempre più estremisti dell’ormai ex calciatore. Poi, allo scoppio della guerra in Siria, ecco arrivare la clamorosa decisione, vola verso la Siria in compagnia della moglie e dei figli neonati. Ogni rapporto col calcio viene interrotto, Burak diventa a tutti gli effetti un membro della Jihad e ciò è testimoniato anche da un video che circola su Youtube, in cui il ventiseienne, che si è fatto crescere la barba alla maniera dei salafiti, un gruppo estremista islamico, inneggia, mitra alla mano, alla Jihad ed al mondo musulmano. Troverà la morte nei combattimenti ad ottobre del 2013, in circostanze poco chiare ed ancora da chiarire. La polizia tedesca intento ha aperto delle indagini a causa dei sospetti di militanza in organizzazioni terroristiche da parte dell’ex Hannover.
Il giocatore, ricordato anche da Kevin Prince Boateng, il quale ha dedicato un tweet all’ex atleta, è l’emblema delle difficoltà di integrazione della comunità turca in Germania. Nonostante i cittadini con origini o nazionalità turca siano circa 4 milioni su una popolazione di 80, la comunità non è ancora pienamente inserita nel contesto sociale ed economico tedesco, questo anche per motivi religiosi, che inducono certi estremisti ad inculcare idee di odio in individui come il giovane Burak, il quale ha lasciato il proprio paese di nascita e la propria carriera di calciatore professionistico per inseguire ideali che hanno finito per portarlo alla morte. Sono episodi drammatici che spingono a riflessioni più profonde che da un semplice pallone alla fine abbracciano il mondo intero
Enrico Cunego
