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La caduta degli Dei – Marcio Amoroso: le promesse mai mantenute di “Quello più forte di Ronaldo”

BRASILIA, 4 DICEMBRE – Sei anni, soltanto sei. Quanto intercorre tra il formidabile bombardiere vincitore del titolo di capocannoniere 1999 e il fantasma in maglia rossonera della stagione 2005/2006. Sei anni fa Messi già vinceva le Champions, e sembra ieri. Per Marcio Amoroso, invece, sei anni sono bastati per un etereo volo di Icaro nel calcio che conta, nell’attesa mai ripagata della conferma di doti non comuni di cacciatore di gol. Il buon Marcio è stato croce e delizia un po’ ovunque, nella sua comunque pur luminosa carriera.
UDINE, TERRA DI CAMPIONI Nato a Brasilia nel 1974, comincia a far parlare di sé già soli vent’anni dopo, allorquando strabilia l’intero Brasilerao con diciannove gol in ventisei apparizioni con la maglia verde del Guarani di Campinas.In realtà, il nome dell’attaccante di Brasilia non era del tutto sconosciuto, a causa della qualifica di “eroe dei due mondi” conquistata dopo il prestito biennale, con doppia J-League vinta, al Verdy Kawasaki di Chofu, quartiere di Tokyo. Ritornato a casa, il figliol prodigo comincia il suo giro: dopo il Guarani, è la volta del Flamengo, società in cui viene notato da un club che di scouting se ne intende, oggi come allora. Amoroso viene acquistato in prestito dell’Udinese per ottocento milioni sull’unghia, con l’impegno di altri sette miliardi in caso di riscatto dopo il primo anno. L’arrivo in Friuli è datato 1996: non un anno qualsiasi, per le zebrette, bensì quello di Zaccheroni e Bierhoff, Poggi e Helveg. Un anno che parte in sordina, ma che si rivelerà il trampolino di lancio verso l’Olimpo del calcio made in Italy. Zaccheroni, inizialmente, fa fatica a vedere anche Amoroso in questo mosaico di mestieranti della pedata. La presenza onnisciente di Bierhoff e la verve del buon Paolino Poggi in attacco fanno il resto, costringendo il giovane brasiliano ad un inserimento lungo e laborioso, estrinsecato in un’astinenza dal gol che si rompe solo alle porte dell’inverno. Il primo colpo è la doppietta contro la Fiorentina, alla tredicesima. Da lì in poi, né il giovane brasiliano né l’Udinese si fermano più: il 3-4-3 disegnato dal mister di Cesenatico attorno al panzer Bierhoff ed al talentuoso brasiliano spinge i bianconeri a due campionati da favola, un quinto e un terzo posto che sanno di miracolo.
IL TITOLO DI CAPOCANNONIERE All’indomani dell’addio di mister e centravanti tedesco, nell’estate del 1998, Amoroso diventa il leader maximo del progetto dei friulani. Non è ancora riuscito ad esprimere in pieno tutte le doti di cui veniva accreditato in Brasile, ove ad inizio carriera veniva paragonato, addirittura anche con comparativi di maggioranza, ad un certo Ronaldo, ma ha comunque saputo ritagliarsi un suo spazio importante in un campionato difficile come quello italiano. Il nuovo allenatore Guidolin cuce la squadra addosso al talento di Brasilia, che intanto si è preso anche la Selecao, con cui giocherà e vincerà la Coppa America 1999: il nuovo panzer, El Pampa Sosa, lavora sodo per aprire spazi per le ficcanti incursioni a rete di quello che in breve si trasforma in un demonio del gol. A fine anno, si discuterà se siano ventuno o ventidue, con altissima rilevanza statistica perché in palio c’è il trono di capocannoniere che per gli almanacchi è condiviso con Batistuta.
PARMA E DORTMUND: POCHI ALTI E MOLTI BASSI La stagione monstre di Marcio attira su di lui un’asta miliardaria: la spunta il Parma, che lo acquista per uno sproposito (75 miliardi) e ne vuole consacrare il rendimento all’altare dello Scudetto. I sogni resteranno tali, sia per i gialloblu che per il brasiliano, che in due campionati segna solamente undici gol. E’ l’inizio della fine: Amoroso lascia l’Emilia come un ferrovecchio, vola in Germania e firma una resurrezione effimera tutta colorata di giallo nero. Il Borussia Dortmund della stagione 2001/2002 è l’ultima grande edizione del club della Westfalia prima degli incredibili exploit odierni firmati Klopp e settore giovanile, e stravince il titolo di Bundes grazie ai gol brasiliani di Ewerthon e Dedè, ma soprattutto di Marcio Amoroso. L’ex udinese timbra diciotto volte il cartellino per trentuno apparizioni, contribuendo in maniera decisiva alla rimonta che strangola il Bayer Leverkusen e consegna al Borussia il Meisterschale. E’ l’ultimo acuto: le precarie condizioni fisiche che già a Parma avevano minato il rendimento di Amoroso, tornano a farsi sentire nel secondo campionato in Germania, in cui raccoglie appena sei gol su ventiquattro presenze. La rescissione dell’anno dopo lo porta al Malaga, medio piccolo cabotaggio della Liga: cinque gol in ventinove presenze, lo scatto appannato e il senso del gol come vago ricordo fanno capire al prode Amoroso che il calcio europeo gli sta ormai stretto.
IL MALINCONICO DECLINO Il ritorno in Brasile pare riaprire di nuovo il capitolo del grande goleador: sedici reti in ventotto presenze col San Paolo, con tanto di Mondiale per Club in bacheca, fanno gridare alla vendetta del campione. Le urla provenienti dal Brasile stuzzicano un club da sempre attento ai vecchioni terribili, il Milan: l’operazione nostalgia si rivela un flop clamoroso, con sole cinque presenze stagionali e un misero gollettino. E’ proprio finita qui, e sono passati i famosi sei anni dall’investimento ultramiliardario del Parma, dalla Nazionale brasiliana e dalle promesse mai mantenute di quello che era “più forte di Ronaldo”. Il ritiro sopraggiungerà due anni dopo, a seguito di una malinconica appendice tra Corinthians, Gremio e Aris Salonicco. Tramonto repentino di un piccolo campione del gol, tanto bravo quanto sfortunato nei vari acciacchi che ne hanno costellato la carriera. Avrebbe potuto dare molto di più, ma forse sta nella logica di certi giocatori rendere solo a sprazzi, per poco rispetto al talento depositato in loro dalla dea Eupalla. Non sarà stato “più forte di Ronaldo”, ma sarà comunque ricordato per qualche gol sparso e un appellativo suggestivo ma mai rispettato appieno.
A cura di Alfonso Fasano
