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Il “Tucu” Correa sa fare tutto, tranne che gol

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Una evoluzione pazzesca, quella di Joaquin Correa, per tutti il Tucu. Da un anno che è alla Lazio è passato, in un lasso temporale assai ridotto, dall’essere una riserva quasi di lusso a titolare inamovibile e a sparring partner del sempre ottimo Ciro Immobile, bomber col fiuto del gol. Il Tucu l’ha fatto in maniera semplice, sfruttando la sua duttilità, il suo velocissimo cambio di passo, i dribbling, gli inserimenti e la grande intesa col suo compagno di reparto. Giocando talmente bene da aiutare Luis Alberto, altra ottima risorsa biancoceleste.

C’è un solo problema in tutto ciò: Correa da Juan Bautista Alberdi, Argentina, di mestiere fa il centravanti. E per vocazione dovrebbe fare gol. Condizionale obbligatorio dal momento che l’argentino segna la metà di quanto potrebbe e concretizza 1/4 di quanto creato: perché?

Il curioso caso del funambolico “Tucu”

Il nostro Correa, che ridefiniamo ottimo, ha un rapporto complicato col gol nonostante sia, in Serie A, uno dei giocatori col più alto tasso tecnico in circolazione. Uno che ama il rischio ed i suoi brividi, che tenta sempre il dribbling, che molto spesso, sfruttando la sua velocità, riesce facilmente a portarsi la palla tra i piedi e a far salire la squadra. Di uno che spazza da destra a sinistra, con prevalente preferenza per questa, che agevola il lavoro della mezzala e che crea tanto, con percentuali sempre in crescita negli ultimi mesi. Che l’avrebbero dovuto portare alla consacrazione. Ma, nonostante la mole di tiri prodotta, i pali, le tante occasioni, le pur ottime costruzioni, davanti alla porta il Tucu stecca.

La tecnica c’è, ribadiamo, la freddezza no. Ed anche l’imprevedibilità scarseggia. E se vogliamo dirla tutta anche la fantasia sotto porta, che invece lo accompagna dappertutto. Eppure le soluzioni non mancano di certo: il dribbling al portiere, cosa in disuso ormai, è una ottima alternativa. Semplicemente il Tucu, eccelso per tecnica, qualità, accelerazione, fantasia, non ha il fiuto del gol. Perché l’attaccante ha qualità innate che sa sfruttare davanti al momento giusto. Essere un gran bel calciatore non vuol dire, per un attaccante, essere un grande finalizzatore. Il nostro Joaquin, che tutti vorrebbero nella propria squadra, lo sa bene…

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