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Kostas Manolas, della stirpe di Nasso

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Il gol di Manolas al Barcellona

Si dice che Naxos, la più grande delle Cicladi greche nel mar Egeo, prima si chiamasse Dia. Oltre agli ingredienti classici di ogni isola ellenica, vale a dire mare e vento, ha tutto: vigneti e campi irrigati, vallate verdi, montagne, fiumi cristallini. Un gioiello a metà strada verso la Turchia. Poi arrivò Nasso, figlio del re Polemone, e qui fondò il suo regno. Per altri, invece, Nasso era il figlio di Apollo e Acacalli, primogenita di Minosse, Re di Creta. Quello che è certo è che in questo puntino, sperduto, del Mar Egeo, nel 1991, tra dei e sovrani, tra mito e leggenda, nacque Kostas Manolas.

Tra condottieri e stirpi di difensori

E in quel suo sguardo c’è tutto il suo sangue blu, aristocratico, eletto. Nelle imbruttite, negli sguardi torvi, c’è il fuoco dell’Ade, il tuono di Zeus, la fame dell’oplita. Quando arrivò a Roma, nel 2014, il commentatore giallorosso Carlo Zampa non ci mise tanto a trovargli un soprannome. Si sarebbe chiamato Leonida, come il re spartano che aveva guidato i 300 contro Serse. E la battaglia, la guerra, l’esercito, Manolas ce l’ha scritta sulla pelle. E nella sua storia. Che inizia, guarda caso, nel Thrasybulus Fylis, nome di una squadra di seconda divisione greca. Nome, soprattutto, dell’antico generale Trasibulo che, nel 400 a.C., guidò da File la riscossa per liberare Atene dai Trenta Tiranni. Ci resta fino ai 18 anni, quando suo zio Stelios, bandiera dell’AEK Atene, lo propone alla sua squadra, che lo acquista per 50.000 euro.

La virtus difensiva è, insomma, qualcosa di famiglia. Stelios Manolas, anche lui di Nasso, ha collezionato quasi 500 partite con la maglia degli ateniesi, mettendo a segno 50 reti. Fu così che il nipote del difensore, della stirpe di Nasso, fu chiamato Konstantinos, un nome che deriva dal latino costans, “stare fermo, saldo, risoluto”. Davanti al nemico, davanti al rivale, davanti all’attaccante. Lo capiscono ad Atene, all’AEK, lo capiscono in Attica, al Pireo, quando indossa la casacca biancorossa dell’Olympiakos.

Dalla Grecia a Roma

Da qui prende la rotta verso Roma. Lo vuole Walter Sabatini, per rimpiazzare il partente Benatia. 13 milioni più bonus il prezzo del suo cartellino. “Lui è il passato, io sono il presente” disse il giorno della presentazione. Un presente che parla di 184 partite e 8 gol. Il più importante dei quali, ovviamente, contro il Barcellona.

Provate a ricordarlo per un attimo, o cercatelo su youtube. Guardate la traiettoria di quella palla. Dopo il calcio d’angolo e il colpo di testa del difensore, la sfera prende una curva strana, impossibile, sbilenca. Non sarebbe entrato mai, quel pallone. Forse è stato il vento che accarezza giorno e notte l’isola di Nasso, levigandone i contorni, mandando a sbattere le onde sui suoi scogli, a mandarlo in rete. Forse è stato il soffio di Eolo, la mano paterna di Apollo, la sete di sangue di Ares. Oppure nel consiglio degli dei sull’Olimpo c’era qualcun altro, a vegliare su quella partita. Una divinità del calcio, Eupalla, a deviare quel poco che bastava.

Il rischio del mito

Dopo il gol, l’esultanza. Le braccia aperte come in un rito sacrificale, gli occhi sbarrati da baccante. L’ingresso nella leggenda. Kostas Manolas è uno dei difensori più forti della storia della Roma. Veloce, abile nella marcatura, fulmineo, formidabile nell’uno contro uno. È legatissimo ai suoi tifosi, per l’arroganza in campo, per l’arroganza gentile, per il brutto muso più che greco assolutamente da borgata romana. Manolas è forte. E in quanto tale fa gola.

E, guarda caso, l’altra leggenda legata all’Isola di Nasso parla di una separazione dolorosa, tragica. Qui Arianna, dopo aver aiutato Teseo ad uccidere il Minotauro, fu abbandonata nel sonno. Piantata in asso, come oggi si dice. A voler leggere il mito, c’è qualcosa che lo ricollega al presente. Un presente che parla di un Mino Raiola come nuovo procuratore di Manolas, di un Manchester United pronto a pagare la clausola rescissoria, di un nuovo rischio alle porte per i tifosi della Roma. Che potrebbero essere abbandonati come Arianna. Oppure scelti per sempre. Come Dioniso, che sentendo il lamento di Arianna, la sposa e la trasforma nella costellazione della Corona Boreale.

Prof di giorno, giornalista freelance di notte. Direttore de il Catenaccio e Head Writer di Sportcafe24.com

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