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Nainggolan, “prescritti”, napoletani, ecc.: ma perché gli juventini non si danno una calmata?
“Non ho mai avuto dubbi, volevo restare alla Roma”, scrisse Radja Nainggolan due giorni fa sul sito ufficiale del club giallorosso. “Spero di poter vincere qualcosa il prima possibile. Per me è meglio vincere una volta con la Roma che dieci con la Juventus“. Non l’avesse mai fatto. Ecco a voi una breve carrellata sull’ennesima rappresaglia bianconera:
“Vai tranquillo, nessuno avrebbe speso 20 milioni per te”; “Se la Juventus ti avesse dato i soldi, saresti venuto di corsa”; “Anche quest’anno beccherete tre pere quando verrete a Torino” (“Si possono accettare – replica Nainggolan – dipende come…”); “Meglio perdere in finale di Champions League che perdere 7-1”; “Tu provochi, i tifosi rispondono! Ha vinto più trofei Padoin di te! E sarà così fino a fine carriera! Parla di meno gradasso” e altre simili, rancorose amenità.
ESISTI, QUINDI “PROVOCHI” – “Se adesso gli juventini si occupano della loro squadra x favore. Invece di rompere a me… Ciao…” scrive infine il giocatore belga, e la sua è una resa per sfinimento: questione di quantità, naturalmente, e di qualità (livello terza media, sezione ripetenti, prima o poi ci si stufa). Fine della storia? No, nè per Nainggolan – che di sicuro verrà “giustiziato” molte altre volte dai suscettibili custodi del Tempio bianconero – nè per questi ultimi. Ci vuol poco, infatti, a guadagnarsi la loro avvelenata antipatia, e spesso e volentieri è solo un fatto meramente tribale: non sei juventino? Basta e avanza. Non ami la Vecchia Signora? Allora in te c’è qualcosa che non va, è chiaro, e come minimo sei in malafede. Se poi sei un intertriste prescritto, o un romanista, un viola, un napoletano, un granata, un bbilanista, un genoano, ecc., ecc., ecc. dalla A alla Z, allora dovresti solo stare zitto e andare a nasconderti. Come minimo. Capito? Forza Juve!
BUONGIORNO, VORREI UN ASTIOLITICO – Ora, qual è la causa di un risentimento così radicato e diffuso? Qual è il motivo di una permalosità a dir poco manicomiabile? La sindrome da accerchiamento, innanzitutto, noto malessere che da sempre attanaglia gran parte del popolo bianconero, e poi le numerose complicanze che sono subentrate – aggravandola – nel corso degli ultimi anni, dalle scorie tossiche di Calciopoli al duro esilio cadetto, dal rabbioso desiderio di revanche a un orgoglio ritrovato fra le macerie e assetato di sangue. Insomma, ce n’è quanto basta per rovinarsi la salute, diciamolo, e per il calcio non ne vale la pena.
Basta un poco di zucchero (e una terapia a base di astiolitici) e i rospi vanno giù, canterebbe Julie Andrews, e forse è il caso di darle retta. Per il bene di tutti.
Enrico Steidler
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