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Quei bravi ragazzi: le dieci teste calde della nostra Serie A
Sarebbero capaci di creare scompiglio in chiesa durante una sacra funzione religiosa. O rendere una simpatica rimpatriata tra compagni di scuola in una tipica scena da film di Bud Spencer e Terence Hill. Siamo nel regno dei “bad boys”, dove i ragazzi danno confidenza al pallone ma anche a tutto il resto. E spesso, il resto finisce per far gettare il pallone nel dimenticatoio. Per loro, gli alti e bassi non esistono: vivono in una dimensione intermedia che gli impedisce di spiccare definitivamente il volo. D’altronde, “i quattro i pagella non contano nulla: l’importante è avere quattro miliardi in banca”: se hai capito chi abbia potuto pronunciare questo celebre epitaffio, significa che sei una testa calda pure tu. La soluzione la troverai tra gli “eletti” qui sotto, diventati in alcuni casi addirittura idoli delle proprie tifoserie.
PAOLO DI CANIO – Iniziamo “cor” botto. Di Canio, promettente giocatore cresciuto nelle giovanili della Lazio, a 27 anni ha già indossato le casacche di Juventus, Napoli e Milan. La sua permanenza in Italia e nel calcio che conta è minata da due litigi con i suoi mister: col Trap ai tempi della Juve e con Capello in maglia rossonera. Emigra in Inghilterra, con la lazialità tatuata sul corpo, e non mancherà di rendersi protagonista di un paio di episodi controversi. A 36 anni torna nella sua Lazio: giusto il tempo di aizzare gli animi al termine di un derby vinto con tanto di polemico saluto romano sotto la curva.
MATUZALEM – Il centrocampista brasiliano aveva i piedi delicati: nella partita dell’addio al calcio di Roby Baggio, si guadagna il suo spazio siglando una doppietta. Il suo carattere non semplice e alcune poco fortunate esperienze europee non lo faranno mai decollare a livelli esagerati. Le sue “perle” ce le regala negli ultimi anni di carriera: la Lazio lo mette fuori rosa per essersi presentato con un ritardo di cinque giorni al ritiro estivo e poi lo cede al Genoa. Lui, come “contropartita”, nella prima gara da ex, falcia Brocchi e ne chiude anzitempo la carriera. Troverà il tempo di farsi beccare ubriaco al volante.
ADRIANO – L’imperatore spodestato da sè stesso è una delle storie più amare ed inspiegabili del calcio moderno. Un attaccante con un mix letale di potenza e tecnica: quando l’Inter lo acquistò nell’estate 2001, molti subito pensarono di avere due potenziali “Ronaldo” in rosa. La sua carriera ad alto livello s’interrompe di fatto a soli 24 anni: le sue scappatelle in Brasile, con tanto di “tag” in conturbanti festini, ne minano l’integrità psicofisica mai ristabilita del tutto. Tra ritiri paventati e ripensamenti, oggi il brasiliano, a 33 anni, è ancora formalmente un giocatore in cerca di un contratto.
EDMUNDO – Entriamo nella ristretta cerchia degli “animali rari”. Cecchi Gori, presidente della Fiorentina, nel 1997 preleva dal Brasile un attaccante di tutto rispetto che possa affiancare Batistuta nella rincorsa a qualche grosso trofeo. La dirigenza viola ignorava, forse, che il brasiliano fosse un vero e proprio “Animal“: spesso e volentieri non perde occasione per bisticciare con tutti, saltando per motivi disciplinari diverse partite. Nel momento cruciale per i toscani, campioni d’inverno nel 1999, decide di abbandonare la combriccola per dimenarsi nella festaiola atmosfera del Carnevale di Rio.
PASQUALE BRUNO – Prima di Edmundo, l'”Animale” era uno ed uno solo. Tramuta il calore da uomo del Sud in cattiveria gratuita, dispensata senza timore reverenziale a chicchessia. A 28 anni lascia la Juventus, e con l’approdo nella sponda granata di Torino (tifoseria che lo considera un idolo) sciorina il suo miglior repertorio. Il punto più “alto” lo raggiunge in un derby, quando cerca in tutti i modi di azzannare l’arbitro Ceccarini dopo un’espulsione, a detta sua, ingiusta. L’ultima grande maglia è quella Viola, dove farà spesso e volentieri perdere le staffe a Cecchi Gori che lo spedisce ai margini della rosa. Ah, ovviamente la frase dei quattro miliardi in banca appartiene a lui….
PHILIPPE MEXES – “Tanto gentile e tanto onesto pare“: l’aspetto fisico di Mexes stride col suo atteggiamento in campo e fuori dal campo. Un vero e proprio incubo per gli attaccanti avversari, sapendo che ad un loro colpo di fioretto risponderà con un colpo di sciabola. La sua aggressività lo ha reso celebre per una rissa in discoteca, mentre in campo a farne le spese è stato un poco raccomandabile Chiellini, collega di rudità, e nel passato recente uno Stefano Mauri che, dopo averlo provocato, ha rischiato con una mossa da wrestling di esser strangolato in mondovisione.
ROBERTO GUANA – Questo ex giovanotto, dal nome poco altisonante, ha avuto la fortuna di muovere i primi passi nel calcio professionistico con un tal Roberto Baggio. Lontano dalla sua Brescia, il centrocampista conduce un’onesta carriera senza infamie nè lode. A 33 anni lascia il calcio per motivi personali. Senza dubbio, a pesare sulla sua decisione avranno pesato un paio di tristi episodi condivisi con il compagno Puggioni: una scazzottata, un setto nasale rotto e un recidivo secondo round gli hanno tranciato la carriera in serie A.
PABLO OSVALDO – La versione italo-argentina di Adriano è un’altra storia di un talento gettato alle ortiche. Le sue doti fisiche e atletiche avrebbero fatto la fortuna di qualsiasi squadra, se coltivate a dovere. Soltanto con la maglia della Roma, e per determinati periodi di tempo, l’attaccante ha mostrato il suo reale potenziale. Ma proprio in maglia giallorossa è diventato celebre per alcuni suoi “numeri”: schiaffeggia Lamela, ma soprattutto usurpa il pallone dal piede di Totti per battere un rigore che poi sbaglierà. A Milano, dopo la lite in campo con Icardi, sparisce un paio di giorni e conclude la sua avventura con l’Inter.
MARIO BALOTELLI – SuperMario, oggi, ha 24 anni, diverse esperienze in Italia e all’estero ma ancora deve decidere cosa fare da grande. Dipendesse da lui, si allenerebbe e giocherebbe da solo. Il “bad boy” per eccellenza, spesso scivola sui suoi stessi errori anche in maniera abbastanza banale. Elencare le sue disavventure o le sue relazioni amorose sarebbe tedioso per il lettore; a lui interessa sapere se ha voglia di prendere a calci un pallone, e soprattutto se vuole dare un serio contributo alla Nazionale italiana, dove ha saputo farsi apprezzare in un paio d’occasioni.
ANTONIO CASSANO – Insieme a Balotelli componeva la coppia sulla carta titolare del Mondiale brasiliano. Il talento di Bari Vecchia, più anziano del connazionale, è sulla cresta dell’onda da quasi quindici anni: e se pure la Treccani inserisce il vocaboli “cassanata” nel vocabolario, significa che comunque sei nella leggenda. FantAntonio, nonostante tutto, sul campo ci ha fatto divertire spesso e volentieri, anche se i suoi tanti allenatori penseranno il contrario. Un personaggio che rischia seriamente di chiudere la carriera dopo l’annosa vicenda a Parma: speriamo proprio di no.
Manlio Mattaccini