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Dalla sagra della porchetta alla Scala del calcio: Sarri non è da Milan
Si prenda un ex impiegato comunista dalla barba incolta ed il look essenziale, fumatore incallito ed amante del calcio a tal punto da non pensare granché ai soldi. Si prenda lo stesso uomo e lo si piazzi su una panchina di Serie A. Risultato? Una squadra di provincia incanta il massimo campionato ed il suo allenatore porta sulla strada della perdizione sportiva il personaggio più imprevedibile. Maurizio Sarri e Silvio Berlusconi non hanno niente in comune. Niente. Eppure il secondo ama il primo e vorrebbe affidargli la panchina del Milan. Uno strano amore, forse troppo.
UNA MATTINA MI SON SVEGLIATO… – Lo scenario che si prefigurerebbe sarebbe apocalittico. La questione non è tecnica, ma legata all’immagine dell’allenatore. Il Milan, figlio della scuola di pensiero berlusconiana, ha cercato negli ultimi anni allenatori giovani, ambiziosi, possibilmente avvenenti e, in ultimo luogo, preparati e pronti al grande salto. Uomini col frac, insomma. Se poi si rivelano delle “superpippe” della tattica (non tutti nascono con il Dna di Seedorf), la questione è superflua. Optare per Maurizio Sarri, uno che non userebbe il frac manco nel giorno del suo matrimonio, sarebbe un segnale di rottura nettissimo rispetto ai suoi predecessori ed i dettami dell’universo dell’apparenza creato nel regno berlusconiano. I rasoi della Gillette e i gel della Nivea dovrebbero finire in un cassetto. Dalla sagra della porchetta – rituale irrinunciabile nelle vecchie feste dell’Unità – alla luci scintillanti della Scala del calcio, il passo sarebbe lunghissimo.
… O BEL GIUOCO – Eppure c’è un ma. Se si ragiona attentamente, il comunista ha un punto in comune con il padre padrone del Milan: il culto del bel “giuoco”. Sarri, l’uomo dei mille schemi, potrebbe portare Berlusconi sulla strada della conversione ideologica. Improbabile, molto improbabile, ma non impossibile. L’estetica del calcio trionferebbe sulla sterile vanità. Una bandiera rossa (ops! Rossonera!) svetterebbe sul castello di carte berlusconiano. Il caviale delle cene d’Arcore lascerebbe spazio alla concretezza di un arrosto tradizionale. Il patto col diavolo, a quel punto, lo farebbe il suo stesso presidente. Magie del calcio.
@antoniocasu_