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Preziosi fa il prezioso: “Non parlerò più fino a maggio”

“Questa è la mia ultima intervista” sbotta l’Enrico furioso ai microfoni dell’emittente genovese Telenord. “Sino a fine campionato non parlerò più, anche perché non vorrei dare attraverso le mie parole la possibilità a qualcuno di scrivere bene o male. Purtroppo in Italia c’è questo malcostume: si sparano le bufale sui giornali, poi il giorno dopo si dice che Preziosi fa marcia indietro, cercando così sempre in qualche maniera di salvaguardare l’operato di cui si sono resi responsabili. Io francamente non sono abituato così e credo che qualcuno debba chiedere scusa ma non lo faranno mai. Non ho molta simpatia per la categoria, soprattutto per certe persone: ma quelle non le cambio io, piuttosto lo farà il Padreterno. Detto questo non parlerò più sino a maggio”.

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SENZA MACCHIA E SENZA PAURA – Dunque, riassumiamo brevemente le gesta del nostro eroe. Prima, domenica scorsa, spara a zero sull’arbitraggio di Banti (definito testualmente una “iattura“) e allude sciaguratamente a “Mafia capitale”, l’inchiesta romana sulla corruzione (“A Roma succedono cose strane, non vorrei che pure il calcio…”); poi, il giorno dopo, se la prende coi giornali – rei, a suo giudizio, di aver “estrapolato una frase dal resto del discorso per mettermi in cattiva luce” – e cerca di nascondere la mano dopo aver scagliato il sasso (“Io quell’espressione – “Mafia capitale”, ndr. – non l’ho mai usata“); infine, non pago di cotanta virtù, recita la parte dell’offeso (“Credo che qualcuno debba chiedere scusa, ma non lo faranno mai”) e annuncia sdegnato il suo ritiro dall’arena mediatica: “Non parlerò più fino a maggio”…Uffi! Così imparate!
DELITTO DI LESA MAESTA’ – Insomma, il cliché della “via di fuga” riservata agli eroi è sempre lo stesso, e può essere sintetizzato come segue: figuraccia spaventosa – tutta colpa dei giornalisti – viva e vibrante indignazione – silenzio stampa. Sotto questo aspetto, Preziosi non è che l’ultimo – in senso cronologico – di una lista interminabile. Pensate a Claudio Lotito, tanto per fare un esempio: “Marotta? – disse qualche tempo fa il presidente della Lazio alludendo allo strabismo dell’ad bianconero – Il problema con lui è che con un occhio gioca a biliardo e con l’altro segna i punti”. Battuta a dir poco indecente, roba da chiedere scusa supplicando, ma non per Lotito naturalmente, che reagì schizzando veleno sui censori della carta stampata (“Siete una categoria poco apprezzabile”, disse sibilando) e poi chiudendosi in un rancoroso silenzio.
Quest’ultimo, quindi, viene usato come una vera e propria arma di rappresaglia: toppasti? Mi offendesti? E io non ti parlo più! Proprio un anno fa, tanto per fare un altro esempio, anche Antonio Conte se ne servì per castigare la vil razza pennivendola, e ora potete scommettere che dopo Preziosi ne verranno innumerevoli altri. Il guaio, purtroppo, è che siamo in Italia. Nei Paesi che vantano tradizioni democratiche un tantino più antiche e consolidate delle nostre, infatti, il malcostume del silenzio stampa-ritorsione non esiste. Nessuno (o quasi) vi fa ricorso, e ovviamente c’è un perché.
Morale della favola? A ognuno il suo: gli altri hanno regole auree, noi sotterfugi Preziosi.
Enrico Steidler
