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Il colmo del Milan: tra Allegri e l’uomo nero

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Clarence Seedorf esordio Milan-Verona

Massimiliano Allegri, ex allenatore del Milan

Cosa farebbe più paura nella notte? L’uomo nero, direbbe qualcuno. Non la pensa così Silvio Berlusconi, e probabilmente nemmeno sua figlia Barbara. Nella notte più buia, tanto da aver dubbi sull’effettiva esistenza di un giorno aldilà del cielo scuro, il Milan si affida a Clarence Seedorf, primo allenatore di colore nella storia della Serie A. Da Allegri, durato diversi anni, a Seedorf. Il tutto nel giro di pochi giorni, con nel mezzo un poker subito dal Sassuolo e una vittoria in Coppa Italia contro la cenerentola Spezia, capace di far sorridere persino Tassotti. Un secondo per natura, costretto a fare il primo per novanta minuti. Forse per l’unica volta, perché anche per lui la strada al Milan (in ottica rinnovo) sembra sempre più breve.

DAMMI UNA LAMETTA – “Dammi una lametta che mi taglio le vene” cantava la Rettore, anni fa. “Datemi un picchetto”, sussurra Seedorf. Senza urlare, perché “a Berlusconi non si può dire no” e probabilmente da lui non si può nemmeno pretendere qualcosa. Così ha insegnato Allegri, in anni di ostentato silenzio, perlomeno in pubblico. Già, un picchetto e un casco, per scalare la montagna più ardua. Non la classifica, quella vista la qualità di alcune squadre attualmente sopra i rossoneri, può anche essere scalabile. Il problema sarà scalare la montagna di problemi, soprattutto societari, che i rossoneri presentano ad oggi. Due a.d. che quotidianamente giocano l’uno contro l’altro, sulla pelle della società, un presidente che ogni tanto ricorda a se stesso di avere una squadra di calcio, e soprattutto una squadra non costruita. Perché il Milan di costruito non ha nulla. Un insieme di calciatori, anche buoni, che aspettano non è ancora chiaro cosa. Un picchetto e tanto coraggio, Clarence. Come dici? Era meglio una lametta?

L’EREDITA’ – Disfattismi, facili di questi tempi, a parte, il Milan deve rinascere dalle proprie ceneri. Prendere coscienza del punto che ha toccato e non scavare. Gli ultimi anni di Allegri lasciano un’eredità tutt’altro che pesante. Il tecnico livornese fu capace di vincere al primo anno. Subito uno scudetto e poi da lì una serie di imprese. Quali? Riuscire a non dare un gioco al Milan, perdere uno scudetto allenando Ibra (record), ripetere 300 volte al giorno “gol di Muntari”, riferendosi al celebre errore arbitrale di qualche anno fa. E’ questa l’eredità di Allegri. Un uomo per bene, un buon allenatore. Con una cattiva squadra. O magari era il contrario, ma ad oggi non è facile da capire. Un’eredità fatta più di rogne che di altro, non sempre per colpe di Allegri. Tutta tua, Clarence.

QUAL E’ IL COLMO? – Qual è il colmo per uscire dal buio della notte? Chiamare l'”uomo nero”. Che non spaventi i bambini ma faccia rialzare questo Milan. Perché nel frattempo qualcuno, come un bimbo, inizia a tremare. Una squadra distrutta, mai realmente in grado di impressionare, a +6 sulla zona retrocessione in mano ad un gran conoscitore di calcio, che fino ad avantieri era solo un ottimo centrocampista, mica un allenatore. Forse è davvero il colmo, o forse il colmo tra qualche mese sarà aver scritto un pezzo del genere. E’ l’augurio di tutti i milanisti. Nel frattempo, lo sapete qual è il colmo al Milan oggi? No, lasciate perdere l’uomo nero: essere Allegri.

Giuseppe Andriani 

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