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Frost/Nixon o della televisione, del potere e del potere della televisione. A teatro
Pubblicato
7 anni fa|
Editor
Elisa Belotti
È sangue. È ketchup.
-«No, no, l’hanno fatto vedere ieri sera in Tv! È tutto vero. Quanto sangue, nemmeno immagini!»
-«Ma dai! Si vede che è ketchup!».
Quando si parla di televisione sono sempre due gli schieramenti: i grandi sostenitori della portentosa scatola magica capace di mostrare anche gli angoli più reconditi del mondo sotto la sincera lente d’ingrandimento della verità e i detrattori accaniti, secondo i quali è tutto un grande spettacolo per tenere incollate le masse al divano, ipnotizzate e malleabili, pronte a comprare quel detersivo, votare quel partito o temere quell’epidemia. Dove ogni “quel” è ben indicato dal dito invisibile e potentissimo che esce dallo schermo e entra nei nostri occhi.
Il discorso nel quale ci stiamo inoltrando è oceanico e sono infiniti gli esempi che potremmo citare all’interno della nostra riflessione: il potere dei media e il suo scopo (verità o mistificazione?). Prendiamo in considerazione due casi antitetici:
LA BURLA DEL GIOVANE ORSON – È il 30 ottobre del 1938 e negli USA una folla impazzita, in preda al panico, abbandona le proprie abitazioni per rifugiarsi in chiesa o invadere le strade cercando una possibile via di fuga. Urla, pianti isterici, una massa di dervisci sui carboni ardenti. Cosa è successo? Nulla. Un giovanotto, destinato a diventare una delle stelle più splendenti del panorama cinematografico mondiale (Orson Welles), sta conducendo una trasmissione radiofonica e, prendendo ispirazione da un romanzo di fantascienza (La guerra dei mondi di Herbert George Wells), ha deciso di simulare un’invasione aliena. Stiamo parlando dell’antenato della nostra amica rettangolare; un mezzo ben più rudimentale: la radio. Eppure, un ventitreenne non poco talentuoso, recitando una fantasia, ha convinto uno degli stati più evoluti del pianeta a credere all’impossibile. E con quali ripercussioni, oltre a quelle già citate? Che il 7 dicembre 1941, qualche americano, una volta udita alla radio la notizia dell’attacco nipponico a Pearl Harbor, pensasse subito a uno scherzo.
LA TRAGEDIA DEL PICCOLO ALFREDO – È il 10 giugno 1981 e Alfredo Rampi, anni sei, è caduto nel pozzo artesiano nel quale morirà di lì a tre giorni. Le telecamere seguiranno passo dopo passo i tentativi di salvataggio del piccolo. Si stima che ventuno milioni siano stati i telespettatori a questa prima (in Italia), lunghissima (diciotto ore), diretta televisiva. Il Carosello lo avevamo già visto, e che quell’aggeggio strano chiamato “televisione” potesse farci divertire, distrarre, lo sapevamo già. Ma chi se lo aspettava di guardarci dentro anche la vita vera? Quella cruda, difficile, tragica, amara che ci tocca vivere tutti i giorni? Chi l’avrebbe detto che ci si potevano vedere dentro anche le disgrazie altrui, giorno e notte, che le nostre ce le guardiamo anche senza servirci del telecomando?
Non parleremo dei reality show, dei programmi di approfondimento (con la loro pornografia della morte), dei talent. Non parleremo del beneficio di sapere cosa succede nel mondo con il solo gesto di premere un tasto, né della faziosità di quel sapere. Ma che potere quel rettangolo colorato…
IL DUELLO TV: FROST/NIXON. A TEATRO – E di questo potere parla anche lo spettacolo di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani (in tournée dal 18 ottobre 2013 al 30 maggio 2014). Lo spettacolo nasce dalla penna dello sceneggiatore Peter Morgan che prende ispirazione da un fatto realmente avvenuto: le interviste che, nel 1977, l’ormai ex presidente degli USA Richard Nixon rilascia al conduttore tv David Frost. Quest’ultimo, pienamente padrone delle strategie televisive, riesce a strappare al presidente cocenti ammissioni sullo scandalo Watergate. Ammissioni che nessuno, prima di allora, era riuscito a ottenere. Sempre su sceneggiatura di Peter Morgan è il film di Ron Howard (chi non se lo ricorda, Ricky Cunningham?): Frost/Nixon – Il duello (candidato a 5 premi Oscar nel 2009). Questa storia, senza mai appesantirsi troppo, senza indugiare e tediare, affronta il tema del potere. Quale potere? Il potere della politica (dove è il suo limite morale e legale?), quello della sete di verità e giustizia e quello indagatore della telecamera, capace di scrutare, individuare e rendere gigantesca la goccia di sudore stillata dalla tua fronte, mentre sei in difficoltà o stai mentendo. Ed eccolo ora nei nostri teatri, questo bello spettacolo. Divertente, rapido, incalzante, intelligente, ironico, coinvolgente. È leggera la co-produzione del Teatro dell’Elfo e del Teatro Stabile dell’Umbria. Registi e protagonisti, Ferdinando Bruni (David Frost) ed Elio De Capitani (Richard Nixon) sono due maestri. Molto, molto bravi anche i giovanissimi Alejandro Bruni Ocaña, Andrea Germani, Matteo de Mojana. Spassoso Nicola Stravalaci e brava anche l’unica donna: Claudia Coli. La scenografia è scarna, ma c’è tutto quel che serve a rendere un’atmosfera, un’idea del luogo. Da notare la costante presenza degli schermi televisivi: si parla della televisione, come potrebbe essere altrimenti? Efficace e molto bello l’uso delle luci, soprattutto per rendere il flash degli scatti giornalistici. A riprova che il teatro (che per qualcuno è già deceduto da tempo) può ancora raccontare bene e raccontare tutto: persino la televisione. Ma che potere, dietro a quel sipario…
Elisa Belotti
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