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Botte di Natale: capo ultrà della Juventus pestato a sangue nel suo bar, è grave
Fratture multiple al volto, alla mascella e alle gambe. Sembra reduce da un incidente stradale Umberto Toia, 48 anni, aggredito da ignoti nella notte fra lunedì e martedì nel cortile del suo bar, il Black & White di Grugliasco, piccola città alle porte di Torino. Secondo le prime ricostruzioni, il capo storico del gruppo “Tradizione” (ex Fighters, da sempre in lotta contro un’altra famigerata “gang” del tifo bianconero, i Drughi) stava per chiudere il locale quando è stato sorpreso da una o più persone e malmenato con inaudita ferocia, presumibilmente a colpi di spranghe e bastoni. Abbandonato esanime e sanguinante sul terreno, Toia è stato soccorso da alcuni amici e ricoverato d’urgenza nel reparto Ortopedia dell’ospedale Martini: le sue condizioni sono ritenute gravi, ma fortunatamente non è in pericolo di vita.
IL SOGNO INFRANTO – Bar, covo, base operativa e pure – in un recente passato – santabarbara. Questo è il Black & White, il locale teatro del brutale agguato che Toia gestisce da anni insieme a un familiare e ad altri soci. Qui nel 2007 la Digos ritrovò, nascosti nel retro, più di 50 oggetti contundenti fra mazze, manganelli, cavi di rame tranciati, tubi flessibili e pure uno sfollagente telescopico: roba vecchia, fa parte del passato disse allora il capo degli ultrà per “giustificare” il ritrovamento dei “cimeli”. Bersagliato da due colpi di pistola nel 2006, il bar sarebbe poi diventato, almeno in apparenza, un luogo molto più calmo e frequentabile: “Il passato è passato e c’è poco da dire” – dichiarava nel 2008 il capo spirituale degli ex-Fighters inaugurando una nuova stagione di “prosperità e progresso” – “Va sottolineato il nuovo clima. Da parte nostra c’è la massima volontà di arrivare alla pacificazione negli stadi”. (…) “L’unificazione di tutto il tifo bianconero è per ora un sogno” – aggiungeva con rammarico riferendosi ai Drughi acerrimi rivali – “ma non un’utopia”.
CURVA PERICOLOSA – L’agguato a tradimento, le spranghe, la ferocia e la superiorità numerica (l’eventualità che l’aggressore fosse solo uno è remota): qui c’è l’inconfondibile firma degli ultrà, diciamolo, ma a metterla potrebbe essere stato chiunque. Di conseguenza, anche il movente è ancora un mistero. Nell’attesa che gli investigatori facciano luce su tutto ciò e assicurino alla giustizia i responsabili, trovo interessante riportare uno stralcio del bellissimo articolo “I controlli? Dati agli ultrà. Favori e ricatti a Torino” pubblicato sul Corriere della Sera l’11 febbraio 2007 (Arianna Ravelli e Gianni Santucci gli autori): “Gli ultrà tirano in campo tre bombe carta e due fumogeni. La società sborsa 30-40 mila euro di multa. È ovvio che il lunedì vada a trattare: «Quanto spendete per una trasferta, 5mila euro? L’ accordo si trova subito: la domenica successiva i tifosi viaggiano gratis, la società risparmia 25 mila euro». È il racconto di un investigatore. Anche a Torino, ha sempre funzionato così. Rapporti con i club al limite del lecito, reciproca convenienza, accordi più o meno espliciti. Intrecci del passato che, in gran parte, resistono ai cambiamenti di dirigenza di Juve e Toro. Ingressi allo stadio «in appalto» ai capi delle curve. Steward ex ultrà che dovrebbero controllare la disciplina dei loro vecchi compagni. E poi la spartizione di soldi e potere. Che ha scatenato una guerra fratricida tutta interna al tifo bianconero”.
Enrico Steidler