Focus
La “GazzaBet” e lo sciopero della Rosea: scommettiamo che ci perdiamo tutti?
“Ma scherziamo? E io adesso dove leggo le ultime sul Balo e la Fico? E sulle “Wags”? Mi toccherà andare su un diverso sito di gossip. Consigli?” Il primo commento alla notizia dello sciopero proclamato dai giornalisti della Gazzetta dello Sport – e del rinvio sine die della nuove veste editoriale del sito web – è un colpo che va dritto al bersaglio, e tuttavia è inferto nella circostanza meno opportuna. Le ragioni della protesta dei nostri colleghi, infatti, sono tutt’altro che campate in aria, e basta leggere il comunicato del Comitato di redazione per avere un’idea della posta in palio: “Cari lettori, martedì 28 gennaio non troverete in edicola la Gazzetta dello Sport. E il sito Gazzetta.it, che avrebbe dovuto svelare il suo restyling proprio in questa giornata, non sarà aggiornato. Dopo la serie di comunicati, i volantini e la petizione sul sito change.org (firma qui), questo è il modo che la redazione della Rosea ha scelto per ribadire la sua contrarietà all’operazione “GazzaBet”, che vedrebbe il nome della Gazzetta associato ai gestori del business delle scommesse sportive. I giornalisti della Gazzetta hanno ritenuto insufficienti le garanzie e le indicazioni presentate dall’Editore in merito all’iniziativa, apprese nella giornata di lunedì 27 gennaio”.
MALA TEMPORA – Al di là di ogni considerazione sulle sventure della testata sportiva più prestigiosa del nostro Paese (licenziamento di 19 giornalisti, cassa integrazione a rotazione, ecc., ecc.), e pur comprendendo la necessità di risollevarne le sorti – in un momento di così grave e diffusa crisi del mondo dell’editoria – dando ascolto alle ragioni del portafoglio più che a quelle del buon gusto, è tuttavia necessario ricordare che esiste un limite, un punto oltre al quale si rischia il non ritorno. Non in termini economici, ovviamente, ma di immagine sì, e se si parla della Gazzetta dello Sport le perplessità fanno presto a trasformarsi in vero e proprio grido d’allarme.
PECUNIA NON OLET – Passino, quindi, le wags, il gossip, l’oroscopo – cui forse si aggiungerà l’Eroscopo – e la Gazza Golosa (che ho già avuto motivo di mettere nel mirino), ma la “GazzaBet” è davvero un pugno in un occhio, un affronto alla professionalità dei nostri colleghi e al tempo stesso un tradimento consumato alle spalle dei lettori. La storia, la tradizione e la credibilità non possono essere messe in vendita come la sede di via Solferino né sacrificate sull’altare del business con inquietante nonchalance. “Insinuare anche in una sola persona il dubbio che la Gazzetta possa scrivere qualcosa di diverso solo per veder salire o scendere una quota è il rischio che ci viene in mente subito” scriveva il Comitato di redazione lo scorso 13 gennaio dissotterrando l’ascia di guerra. Certo, bisognerebbe conoscere il progetto nel dettaglio, ma…come dare torto ai nostri colleghi? Come non provare solidarietà?
Ora, per quanto contaminata – da qualche tempo a questa parte – da dosi industriali di glutei e di pettegolezzi, la Rosea è sempre stata un punto di riferimento per tutti, sportivi, appassionati e addetti ai lavori, ed è un vero e proprio patrimonio del giornalismo italiano. Se la cosiddetta GazzaBet andrà in porto senza le necessarie garanzie e le dovute cautele, il quotidiano sportivo più letto nel nostro Paese è destinato ad avviarsi su una strada tanto redditizia quanto moralmente eccepibile, seguito a ruota, con ogni probabilità, da una folta schiera di emuli. Quello che sta succedendo, in fondo, non riguarda solo la Gazzetta ma anche noi. E voi.
Enrico Steidler