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Elia Caprile, il bambino che voleva fare il portiere
Il destino deve mettersi proprio di impegno per far combaciare certe cose. Deve avere fantasia, ma soprattutto pazienza. Deve saper aspettare e poi, quando meno te lo aspetti, sprigionare il tutto. Minuto 35 della partita tra Juventus e Napoli, risultato fermo sullo 0 a 0. Alex Meret si fa male, problema di natura muscolare si verrà a sapere poi, Antonio Conte si gira e guarda Elia Caprile.
Il ragazzo, classe 2001, si scalda, si mette i guantoni, entra. Te lo saresti immaginato così l’esordio con la maglia del Napoli, in una delle sfide più sentite della stagione, nella casa del tuo idolo Gigi Buffon?
“Io voglio fare il portiere”
Veronese, cresciuto a San Zeno di Montagna, Napoli è lontana, lontanissima dal giovane Elia Caprile. Lo sente solo nell’accento di papà, “ma se lo senti parlare in dialetto vuol dire che c’è qualcosa che non va, perché vuol dire che sta per arrivare qualche sgridata”. I primi calci a sei anni, un’età in cui nessuno, parliamoci chiaro, vuole fare il portiere. Se finisci tra i pali i motivi sono due: o è perché sei troppo scarso per giocare con gli altri, oppure perché lo vuoi veramente.
“Ai primi allenamenti mi hanno fatto fare l’allenamento classico, del bambino che gioca fuori – ha raccontato in questa video intervista a La Gazzetta dello Sport – Sono tornato a casa e piangevo, dicendo ai miei genitori: “Io là non ci torno più perché voglio fare il portiere”. Allora io sono tornato il giorno dopo, immaginati un bambino alto mezzo metro che cammina tutto deciso: “Io voglio fare il portiere“. C’era un signore, che purtroppo è morto durante il Covid, si chiamava Steno, e lui ha detto: “Va bene, facciamo il portiere”. È stato il mio primo allenatore dei portieri e da lì è cominciata tutta la storia”.
L’universo di Caprile: Bielsa, Buffon e Dragon Ball
Nel 2009, a otto anni, gioca nel Chievo, fino al 2020, quando arriva la chiamata che non ti aspetti: l’Inghilterra, il Leeds United, el Loco Bielsa. “Lavorare con un allenatore come lui significa curare ogni dettaglio – racconta il portiere – Lui ti fa capire quanto siano importanti i dettagli: qualsiasi cosa deve essere perfetta, altrimenti stiamo sul campo anche quattro o cinque ore. Mi è capitato di cominciare alle 10:30 e di non pranzare prima delle 14:30 perché gli esercizi non venivano perfetti”.
Gli anni in Inghilterra sono difficili, c’è la pandemia, Elia Caprile è da solo. Così appena torna la normalità, torna anche l’Italia: la Serie C con il Pro Patria, poi la serie B con il Bari, dove inizia ad alzare l’asticella, a farsi notare. Lo prende l’Empoli, con cui diventa titolare in Serie A. Il primo passo per inseguire le orme dell’idolo Buffon: “La prima maglietta che papà mi ha portato è la sua. C’è anche la firma. Papà lavorava in dogana, mamma in aeroporto. Ora ho deciso di farla smettere di lavorare”.
Ma non c’è solo il pallone nella vita di Caprile. C’è il pianoforte, c’è la PlayStation, c’è Dragon Ball, la sua serie preferita. “Ho trovate le puntate su un sito e ora le guardo tutte, per la gioia della mia fidanzata che mi dice che sono proprio un bambino”. Un bambino che ha le idee chiare: fare il portiere, come Buffon.