Non Solo Sport
Taremi non sa stare in silenzio
Ci sono calciatori che compreresti solo per quello che dicono e per come lo dicono. Ci sono calciatori che compreresti perché, semplicemente, sono forti, sanno fare gol, sanno giocare per la squadra, sanno portare il loro contributo di mentalità, di esperienza, di voglia di vincere. E poi ci sono giocatori che uniscono entrambe le cose.
Sono rari, rarissimi, in un universo di omologazione, a volte di ignoranza, altre volte semplicemente di indifferenza. In un universo, come quello del calcio, in cui regna il silenzio. Ecco, Mehdi Taremi zitto non ci sa stare.
Gol e parole
Al 34esimo l’Iran è in vantaggio contro il Kirghizistan, una partita importante, visto che la vittoria permetterà alla nazionale di salire al primo posto del Gruppo A per le qualificazioni al Mondiali 2026. Eppure non è bastato questo per fare contenti i tifosi. Sono piovuti insulti, fischi, parolacce. Lo hanno chiamato bisharaf, disgraziato. E allora Taremi non ce l’ha fatta: “Mi è stato detto di non dire nulla, ma bisharaf è una parola scortese. Non possono chiamarci così. Qual è la nostra responsabilità? – ha detto l’attaccante, come riporta la Gazzetta dello Sport – Altre persone hanno fatto precipitare il Paese in questa situazione economica, non noi calciatori, sportivi, personaggi famosi. So che la situazione economica del Paese è difficile per tutti. Non sono i giocatori a mancare di onore. Non abbiamo rovinato noi l’Iran, il Paese che amiamo. Io so che la situazione è peggiorata per tutti, che la gente è sotto pressione e vuole liberarsi di questa rabbia, ma non è giusto che la protesta si rivolga contro di noi. I giocatori stanno dalla parte del popolo e condividono le profonde lamentele”.
Il dovere di opporsi
Ma non è la prima volta che Taremi si espone pubblicamente e denuncia la situazione in Iran. L’attaccante classe 1992, arrivato in estate all’Inter dopo cinque anni in Portogallo (4 con il Porto e 1 con il Rio Ave), aveva alzato la voce anche a inizio 2023, quando in Iran impazzavano le proteste dopo l’uccisione di Mahsa Amini, la ragazza colpevole di aver indossato il velo islamico nella maniera sbagliata. Vennero condannati a morte due manifestanti, Mohammad Medhi Karami, di 22 anni, e Seyed Mohammad Hosseini, di 39. “La giustizia non può essere fatta con un cappio – scrisse Taremi sui suoi social – quale società troverà pace con spargimenti di sangue ed esecuzioni ogni giorno?”.
Parole forti, durissime, che fecero da eco a quelle di Sardar Azmoun, l’attaccante che lo scorso anno militava nella Roma. Parole che lasciano il segno. E che contano più di qualsiasi gol.