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“Sono gay”: Hitzlsperger esce allo scoperto e mette in luce le ombre del calcio
La notizia sta facendo il giro del mondo: a quattro mesi dal suo ritiro dall’attività agonistica Thomas Hitzlsperger, 32 anni, 52 presenze e 6 gol con la maglia della nazionale tedesca, ha deciso di rompere il muro del silenzio e ha dichiarato la sua omosessualità in un’intervista rilasciata al settimanale Die Zeit: “Sono gay, e con questa mia rivelazione vorrei promuovere una seria discussione sul tema tra gli atleti professionisti. Accettarlo è stato un processo lungo e difficile prima di tutto per me stesso. Solo negli ultimi anni” – precisa il centrocampista cresciuto nelle giovanili del Bayern e poi approdato in Premier League, sponde Aston Villa, Everton e West Ham – “mi sono reso conto che avrei preferito vivere con un uomo piuttosto che con una donna. Non mi sono mai vergognato di come sono. Nel calcio l’omosessualità è completamente ignorata, sia che si parli del campionato tedesco, inglese o italiano. L’idea di una dura competitività tra gli atleti non si sposa con l’idea che qualcuno degli atleti possa essere gay”. Hitzlsperger, soprannominato The Hammer (“Il martello”) per il suo tiro al fulmicotone, ha giocato per una stagione (nel 2010) anche nel campionato italiano con la maglia della Lazio: “Non me ne sono mai accorto” ha commentato l’ex capitano dei biancocelesti Tommaso Rocchi, che poi ha aggiunto: “Ognuno è libero di fare quello che crede, non ci sono mai stati problemi, penso che uno deve essere a posto con se stesso, ognuno è libero di essere quello che si sente”.
SULLE ORME DI ROBBIE ROGERS – “Gay nel calcio? Mai visto uno” disse un giorno Marcello Lippi. “Froci? Problemi loro. Spero non in nazionale” gli fece eco – appesantendo il carico – Antonio Cassano in conferenza stampa durante Euro 2012. Lo stesso anno Fluter, la rivista tedesca dell’Agenzia federale per l’educazione civica, pubblicò le anonime – e amarissime – considerazioni di un giocatore della Bundesliga: “Sono omosessuale, ma sono costretto a recitare ogni giorno. Se la mia sessualità diventasse pubblica non sarei al sicuro, ma non so se sarò in grado di mantenere per tutta la carriera questa continua tensione fra il modello di giocatore eterosessuale e la possibile scoperta”. Ancor più recente (risale allo scorso febbraio) il coming out del ventisettenne Robbie Rogers, centrocampista americano dei Los Angeles Galaxy allora in forza al Leeds (seconda divisione inglese): “Mi domando cosa sarebbe accaduto se avessi annunciato che sono gay continuando a giocare” – scrisse Rogers sul suo blog comunicando la decisione, poi rientrata, di appendere le scarpe al chiodo – “I tifosi allo stadio non me l’avrebbero fatta passare liscia. E nel calcio ho incontrato allenatori che dicevano “non passare la palla come un frocio”, per cui sono certo che non sarebbe stato facile”.
UN CALCIO ALL’OMOFOBIA – In Germania l’intervista di Fluter non è passata inosservata, anzi, e alle parole dell’anonimo calciatore (e a quelle, quanto mai opportune, del cancelliere Angela Merkel: “nel nostro Paese non c’è nulla da temere, il calcio è il motore dell’integrazione”) sono subito seguiti i fatti: lo scorso mese di luglio la lega calcio tedesca ha indirizzato alle 26 mila società calcistiche del Paese un documento – Fussball und Homosexualität – che mette nero su bianco la ferma determinazione a liberarsi una volta per tutte, e con teutonica sollecitudine, dai retaggi di un passato fatto di intolleranza e stupidità. Nel Regno Unito non sono stati da meno, of course: è da quasi un anno, ormai, che la lega inglese ha lanciato la campagna di sensibilizzazione Football v Homophobie (Il calcio contro l’omofobia, di cui Roy Hodgson, attuale commissario tecnico della nazionale dei Three Lions, è un convinto sostenitore: “Non vorrei mai vedere qualcuno escluso dal praticare o guardare questo magnifico gioco solo perché ha paura di quel che potrebbero dirgli. Il calcio trascende ogni tipo di differenza”), mentre in Scozia, a settembre, numerosi giocatori sono scesi in campo indossando dei lacci color arcobaleno sulla falsariga della protesta delle saltatrici svedesi ai mondiali di atletica di Mosca contro le leggi anti-gay approvate in Russia.
PALLONI E PALLE – In Italia, invece, negazionisti (Lippi) e imbarazzanti gaffeur (Cassano) a parte, il mondo del calcio e le sue istituzioni si fanno notare solo per il loro assordante silenzio, e la brutta regola ha poche, e per questo ancor più lodevoli, eccezioni; il presidente dell’Associazione calciatori Damiano Tommasi, ad esempio (che giudica positivo il coming out di Hitzlsperger ed esorta il calcio a “dare segnali d’integrazione”), e il ct della nazionale Cesare Prandelli, che nella prefazione del libro di Alessandro Cecchi Paone Il campione innamorato – Giochi proibiti nello sport ha scritto: “Nel mondo del calcio e dello sport resiste ancora il tabù nei confronti dell’omosessualità, mentre ognuno deve vivere liberamente sé stesso, i propri desideri e i propri sentimenti. Dobbiamo tutti impegnarci per una cultura dello sport che rispetti l’individuo in ogni manifestazione della sua verità e della sua libertà”.
Parole d’oro. In fondo, non sono gli orientamenti sessuali a definire un uomo: molto più importanti, semmai, sono gli attributi, e Hitzlsperger li ha.
Enrico Steidler