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Gigi Riva e il ritiro di una leggenda

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Gigi Riva, bandiera del calcio italiano

Un uomo sincero, diretto, coerente come se ne trovano pochi nel mondo del calcio. Gigi Riva, leggenda del Cagliari degli anni ’70 (quello dello storico scudetto), dimessosi a maggio da team manager della Nazionale, torna a parlare in un’intervista pubblicata oggi dal Corriere della Sera, e si racconta a 360 gradi, intimamente, come si fa normalmente con un amico o con un nipote.

Gigi Riva con la maglia del Cagliari

Gigi Riva con la maglia del Cagliari

RIVA E LA SARDEGNA – Arrivato in Sardegna cinquant’anni fa con un’infanzia difficile alle spalle, si è innamorato da subito dell’isola, che da allora è diventata la sua casa: “Arrivai nel 1963, orfano di entrambi i genitori. Mio padre aveva fatto tre guerre: quella del ‘15-’18 e quella d’Africa e aveva lavorato in una galleria ferroviaria durante la Seconda guerra mondiale: è morto di tumore ai polmoni; mia madre pure è morta di cancro, dopo tanti sacrifici per me e le mie tre sorelle. A Cagliari trovai una nuova famiglia”.

RIVA, IL CAGLIARI E LA NAZIONALE – Nonostante non sia più nello staff dirigenziale della FIGC, il rapporto con la Nazionale resta forte, passionale, senza mezze misure, così come quello con il suo Cagliari, che non riesce più però a seguire allo stadio: “Troppa ansia, soffro. Anche quando scendevo in campo io, se magari ero stato squalificato, non restavo mai in tribuna: prendevo la macchina e guidavo fino a Costa Rei o a Muravera. Ora ascolto il risultato finale e il giorno dopo mi guardo la partita. Faccio così anche con gli Azzurri, per vedere se Cassano ha fatto il bravo e se Balotelli ha reagito alle provocazioni». Sul calcio italiano di oggi dice: “Si giocava molto meno. Adesso mi sembra quasi che vogliano mascherare i problemi del Paese con il calcio, tenendo le persone inchiodate al televisore per non far aprire il frigo vuoto“.  Il suo giocatore preferito? Giuseppe Rossi, “perché è simpatico, educato, sulle labbra ha sempre il sorriso e in mano un pallone o una pallettina”. Nessun dubbio anche sul nome dell’allenatore: “Cesare Prandelli, umanamente eccezionale, la sua storia personale parla per lui. Sa prendere i giocatori nel modo giusto, sa punirli. Ed è un uomo buono”. Qualche parola anche sulle sue dimissioni: “Era diventato molto stressante per me: durante i match dovevo prendere il Lexotan per calmarmi. Prandelli mi ha chiamato un paio di volte chiedendomi di ripensarci. Il direttore generale della Figc Antonello Valentini ogni tanto ci riprova. Ma le mie ossa rotte si stanno facendo sentire. I problemi all’anca, con l’artrosi, sono peggiorati e la fisioterapia non basta. Non riesco più a fare le scale, mi devo fermare a metà. Non voglio fare il dirigente che zoppica…” 

RIVA, UNA VITA SEMPLICE – Riservato, qualche volta un po’ schivo, ma sempre disponibile a parlare con tutti, vive Cagliari con gesti semplici, quelli di un qualunque uomo della sua età (compirà settant’anni il prossimo anno): “Colazione nel bar sotto casa, dove c’è Eva che mi maltratta. Prendo caffè e brioche e vado nel mio studio, leggo i giornali – Corriere , Gazzetta e L’Unione Sarda – e controllo se qualcuno mi ha scritto su Internet, rispondo a tutti. Passo a salutare un amico, commentiamo le notizie. Tutte le sere ceno da Giacomo, che ha un ristorante di pesce, ma a me prepara il minestrone di verdure. Mangio da solo o, se capita, in compagnia. E faccio il nonno”.  Sui giovani di oggi: “In Sardegna, in particolare, sembra di essere tornati indietro di decenni, quando bisognava emigrare per le miniere del Belgio. Oggi un ragazzo non può più permettersi di scegliere di andare a Londra”. 

RIVA, UN VERO SARDO – Riva ricorda poi gli anni che furono, quelli del Cagliari e dello scudetto del ’70, vinto contro ogni pronostico e capace di inorgoglire un’intera migliaia di tifosi sardi: “Gli avversari ci gridavano “ladri, banditi e pecorai”. Gli arbitraggi con le grandi erano sempre a nostro svantaggio. Eppure vedevo questi pullman di tifosi che arrivavano a Milano o a Torino dalla Germania, dall’Olanda, dall’Inghilterra. Nei loro occhi non leggevi la gioia dello sportivo, ma del sardo: era orgoglio. Come potevo andarmene?”. Un appunto infine sulle polemiche degli ultimi giorni, legate ad un suo possibile ingresso in politica, in occasione delle prossime elezioni regionali nell’isola: “Gli indipendentisti dell’Irs vorrebbero candidarmi alle Regionali. Ora, a parte il fatto che non intendo fare nulla, mi ha offeso che abbiano scritto che non potrei correre per la poltrona di governatore perché non sono sardo. Io?“.  Parola di Gigi Riva, un sardo vero, più di tanti sardi d’origine.

Antonio Casu (@antoniocasu_)

 

Inseguo il sogno di diventare giornalista dal 1989, anno in cui sono nato. Appassionato di ciclismo e calcio, mi impegno per raccontare il mondo dello sport da un punto di vista particolare, un po' eclettico, un po' folle.

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