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Bologna: rossoblù nel caos, ecco i motivi della crisi
Pubblicato
7 anni fa|
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Davide Luciani
A Bologna, dopo la batosta di Firenze, si vivono giorni caldissimi. Ieri la squadra ha di fatto sconfessato la dirigenza rifiutando il ritiro (già programmato da Guaraldi) in una struttura di Roma. Diamanti e compagni hanno deciso di metterci la faccia, senza nascondersi, chiedendo, e ottenendo, la riapertura dei cancelli di Casteldebole, per consentire l’accesso ai tifosi e far loro vedere l’impegno che mettono nel lavoro quotidiano. Non può bastare l’impegno, però, ad una squadra che manifesta mezzi tecnici evidenti, e che non ha un punto di riferimento societario forte. Analizziamo punto per punto i motivi della crisi rossoblù.
CRISI DIRIGENZIALE – Il Bologna sono anni che non ha una figura di riferimento forte a livello societario. Albano Guaraldi, l’attuale maggior azionista della squadra, ha indetto una sorta di guerra interna, facendo fuori tutti i maggiori concorrenti (da Zanetti a Setti) di quella che, originariamente, era nata come una cordata di imprenditori locali nata per salvare il Bologna dal fallimento. Il problema di Guaraldi è che non ha mai avuto la forza economica per gestire il Bologna Football Club e i problemi con i vari soci di minoranza, ha fatto sì che ogni estate si dovessero vendere i pezzi migliori per provare a sopravvivere, finendo, di fatto, per impoverire la squadra. Come se non bastasse, alcune cessioni (vedi quella di Taider) hanno di fatto rotto il rapporto di fiducia tra Pioli e la dirigenza che, nonostante i ripetuti attestati di stima, è spaccata al suo interno sulla sorte del tecnico, ma incapace di prendere una decisione definitiva a riguardo e ha finito, di fatto, per sfiduciarlo di fronte a tutto l’ambiente.
POVERTA’ TECNICA – Il Bologna, quest’anno, ha perso Gilardino, Gabbiadini e Taider, tre dei pilastri della squadra. I due si sono aggiunti a Portanova che aveva lasciato Bologna tra le polemiche nel gennaio scorso. Di questi tre, solo il primo è stato sostituito, ma chi doveva prenderne l’eredità, Bianchi, ha fin qui fallito. L’ex attaccante del Torino ha messo a segno un solo gol in campionato, all’Atalanta ed è stato scavalcato nelle gerarchie da Cristaldo che però, pur facendo meglio a livello di gioco, ha anch’egli buttato il pallone in rete una sola volta. Risultato: il Bologna, che negli ultimi anni aveva rigenerato gente come Baggio, Signori, Di Vaio e Gilardino, si ritrova senza una punta in grado di finalizzare le idee di Diamanti e Kone, di fatto, gli unici due giocatori di qualità rimasti in rosa. La situazione è addirittura peggiore in difesa e a centrocampo, dove, senza Portanova, la squadra ha perso un punto fondamentale di riferimento. La situazione si era già manifesta nel gennaio scorso, ma è stata ignorata, convinti, a torto, che i vari Sorensen, Natali e Antonsson avrebbero sostituito l’attuale capitano del Genoa. Peccato che, uno dopo l’altro, sia tutti naufragati. Come se non bastasse, Cherubin, uno dei migliori dello scorso anno, non ha ancora visto il campo per problemi fisici e gli unici difensori arrivati dal mercato di gennaio sono stati due terzini sinistri (Cech e Mantovani, con quest’ultimo adattabile anche a centrale) che non hanno tolto il posto a Morleo, visti i numerosi errori commessi. A centrocampo, poi, la situazione è ancora più drammatica: Perez è tornato dopo un lungo tira e molla sul contratto, ma convive con perenni acciacchi fisici, e i vari Khrin, Della Rocca e Pazienza non hanno la personalità per guidare la squadra.

Alessandro Diamanti, capitano del Bologna.
PROBLEMA PORTIERE – C’è poi il problema strisciante del portiere. Curci, voluto e difeso da Pioli, a Firenze è stato il migliore, ma la sua prestazione è stata casuale. L’ex giocatore della Roma, continua a inanellare papere vistose, le ultime contro l’Atalanta, che sono costati punti pesanti alla squadra. Il problema del portiere in casa del Bologna è vecchio di due anni, dall’addio di Gillet, ma se lo scorso anno, la difesa aveva retto e l’attacco era riuscito a sopperire a qualche gol di troppo beccato, quest’anno, non è così e la squadra perde sicurezza ad ogni incontro, finendo per commettere errori vistosi anche in termini di disimpegno della manovra.
PIOLI SENZA SOLUZIONI – La povertà tecnica, ha spinto Pioli a cercare soluzioni tattiche idonee alla rosa, in modo da permettere alla difesa di reggere l’urto e all’attacco di rendersi pericoloso. Tutto inutile. Se il primo anno Pioli se l’era cavata egregiamente con il 4-3-2-1 con Diamanti-Ramirez alle spalle di Di Vaio ve un centrocampo di lottatori e l’anno dopo aveva fatto faville con il 4-2-3-1 con il trio Diamanti-Kone-Gabbiadini dietro a Gilardino, quest’anno si è passati a diversi moduli che hanno incluso anche il passaggio alla difesa a tre e l’arretramento di Kone sulla mediana per dare maggior sostanza al centrocampo. Tutto inutile perché i continui cambi di modulo hanno di fatto generato confusione nella squadra che non riesce a difendere bene né a quattro né a cinque a causa dei numerosi errori dei singoli. Risultato: il Bologna è al penultimo posto in classifica con la seconda peggior difesa (31 gol incassati). Certo, rispetto allo scorso anno i punti in meno sono appena tre, ma è la situazione tecnica generale che è mutata. Questo Bologna affronta ogni gara come se la sconfitta fosse già acclarata, senza lottare, come aveva fatto negli anni passati. La cosa peggiore è che non ci sono soldi per rinforzare la squadra che, anzi, a gennaio, potrebbe essere costretta a vendere Sorensen per fare cassa.
Non si vedono dunque, soluzioni all’orizzonte, né cambiare la guida tecnica (si fanno i nomi di Di Carlo e Reja) pare serva a qualcosa con il parco giocatori attuale. “Si può dare di più” cantava il presidente onorario dei rossoblù Gianni Morandi. Il problema è che, se la dirigenza non interverrà in maniera opportuna a gennaio, ai giocatori non servirà dare di più per evitare la retrocessione.
Davide Luciani
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