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Nelson Mandela, il rugby e la nascita di una nazione | Storie di Sport
Pubblicato
7 anni fa|

Una bella pagina di storia contemporanea, di un Paese e di un intero mondo. Sport nella sua essenza più pura, i suoi valori al servizio di un fine più grande, una vittoria in grado di unire un popolo, una battaglia per la fratellanza. Un Mondiale di rugby è stato in grado di essere tutto questo, e molto altro. Era il 1995.
MADIBA E GLI SPRINGBOKS – Quel torneo, terzo Mondiale della storia, fu organizzato in Sudafrica. Il Paese era giovane, giovanissimo, poco più che un neonato, con dentro però la forza e la saggezza di un grande uomo. Un anno prima Nelson Mandela era diventato Presidente, i tempi bui dell’apartheid erano stati lasciati da poco alle spalle, il Sudafrica era diventato una nazione dopo anni difficilissimi. Mandela, per tutti Madiba, si batté fortemente per ottenere l’organizzazione del Mondiale. Amava il rugby, e voleva una vetrina per fare di uno sport l’esempio per milioni di persone. Gli Springboks partecipavano per la prima volta, non partivano certo da favoriti, erano poco più che outsider, la squadra da battere era la Nuova Zelanda.
INVICTUS – Nonostante avessero contro ogni pronostico, la nazionale sudafricana aveva dalla sua parte un sedicesimo uomo in grado di fare la differenza: Mandela. Il Presidente fu molto vicino alla squadra, la sostenette dandogli forza e motivazioni. Non c’era solo un trofeo sportivo in ballo, ma la storia di una nazione da scrivere, una strada verso il cambiamento da percorrere. In quei giorni restò costantemente in contatto con il capitano della nazionale, François Pienaar: un bianco, un afrikaner, un fratello. Risuonarono nelle orecchie dei giocatori i versi di una poesia che Mandela amava: Invictus. Scritta da William Ernest Henley nel 1876, Mandela la riprendeva spesso, diceva che gli diedero il coraggio e la forza di andare avanti durante i 27 anni di prigionia.
UNA STORICA FINALE – Trascinati dalla forza di quei versi, gli Springboks arrivarono fino alla finale: davanti si trovarono l’avversario più ostico, la Nuova Zelanda. Immaginare un successo contro gli All Blacks era impensabile, già arrivare fin lì era stata una grande vittoria. I protagonisti di quell’incontro raccontarono successivamente di non aver dormito la notte prima, le emozioni di quel giorno erano incontrollabili. Ma si concretizzò un miracolo: il drop decisivo di Joel Stransky durante i tempi supplementari chiuse l’incontro e consegnò la vittoria ai padroni di casa. Finì 15-12, il Sudafrica diventò campione del mondo. Il trofeo fu consegnato dallo stesso Mandela nelle mani di Pienaar: un sorriso tra i due e l’ovazione del pubblico. Bianchi e neri diventarono un unico popolo, iniziò il terzo tempo più bello.
Antonio Casu (@antoniocasu_)
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