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iPhone vs Nokia 3310: quando il cellulare “chiamava”
Comprate uno smartphone nuovo. Apple, Android, non importa. Arrivate a casa, ansiosi di provare questo nuovo gioiellino tecnologico, ma vi ricordate un piccolo dettaglio: dovrete aspettare le solite 12 ore (o 24, non è ancora chiaro a cosa sia dovuta la differenza) di carica prima di poterlo accendere. Poco male, ci avete messo tanto per riempire abbastanza il portafogli e racimolare quelle centinaia di euro che una giornata non sembra così importante. Così aspettate. Ci dormite su, lo sognate.
È arrivato il momento. Si avvia una schermata iniziale, tutto fighissimo, scaricate qualche applicazione e continuate per tutto il giorno così, chiamando parenti, amici, rendendoli partecipi di questo evento, nemmeno fosse nato vostro figlio; in quel momento, vi cade l’occhio sul vostro vecchio cellulare, quello che usavate dieci anni fa. “Come sono migliorati i cellulari rispetto a quelli di una volta…” pensate. “Non avete capito nulla” rispondiamo noi.
GENERAZIONI A CONFRONTO – Ovviamente non si vuole insinuare che un vecchio modello possa competere, a livello tecnico, con uno smartphone di ultima generazione, sia chiaro. Ora è possibile fare la qualsiasi con un solo “click”: navigare sul web, usare migliaia di apps, scattare foto a risoluzione elevatissima sono solo alcune delle possibilità offerte da questi gioiellini. Ma chiunque ne possegga uno potrà candidamente ammettere che, passato l’entusiasmo del nuovo acquisto, solo metà delle svariate funzioni vengono utilizzate (se non meno) e, ovviamente, tra queste rientrano quelle di chiamata e messaggistica. Disponibili anche nei modelli primordiali. Ecco, allora, che il paragone diventa possibile.
DURATA DELLA BATTERIA – Il protagonista della storia di prima si renderà conto, dopo avere smanettato sul nuovo acquisto per un po’, che l’icona della batteria inizierà presto a svuotarsi a ritmi vertiginosi. La giustificazione più semplice potrebbe essere: “sì, ma con tutto l’utilizzo che se ne fa…”. Sì, ok, molti non fanno altro che stare con il cellulare in mano, ma ragionandoci un po’ è incomprensibile il perché gli sviluppatori di questi apparecchi, pur implementando microaggiornamenti da strapparsi i capelli, abbiano deciso di inserire una batteria incapace di sopportarli per più di una giornata. E dire che, anni fa, la durata della carica era uno dei parametri di scelta al momento dell’acquisto. Alcuni team di sviluppo stanno lavorando sul problema, ma la soluzione appare ancora un miraggio. Questione di gusti, ma viene un po’ di nostalgia al pensiero che i vecchi modelli potessero rimanere accesi per quasi una settimana.
RESISTENZA – Quando il proprietario di un “iPhone”, inavvertitamente, se lo lascia scivolare dalle mani, un’espressione di terrore si disegna sulla sua faccia, i denti si digrignano e le braccia iniziano a muoversi cercando, disperatamente, di agguantarlo prima che sia troppo tardi. Nel 90% dei casi, lo schermo si romperà in mille pezzi. Nel restante 10%, invece, ripararlo diventerà più costoso che acquistarne uno nuovo. Quando, invece, accade lo stesso al possessore di un Nokia 3310, questi si farà una grassa risata e magari lo calcerà pure. Risultato? Funzionerà ancora meglio di prima.
Touchscreen sensibilissimi, assolutamente, ma anche qui è discutibile la scelta della “new gen” di non concentrarsi su aspetti banali come questo.
CONCLUSIONI – Si è voluta fare molta ironia, ma una cosa è certa: sotto determinati punti di vista, la “vecchia scuola” telefonica regge tranquillamente il confronto con quella degli smartphone che, come già detto, si sofferma eccessivamente sulle migliorie di sistema piuttosto che sugli aspetti più pratici. E poi, vogliamo parlare delle mitiche suonerie monofoniche? Ma, forse, alla fin fine, questa non è altro che un semplice discorso da “si stava meglio quando si stava peggio”.
Andrea Siino