Focus
“Certi amori non finiscono…” Oppure sì?
Pubblicato
7 anni fa|
Editor
Luca Porfido
Prima di continuare nella lettura dell’articolo: se sei un tifoso milanista chiudi gli occhi. Cerca di riportare i tuoi pensieri al 28 maggio 2003, oppure al 23 maggio 2007 (i più “anziani” dovrebbero arrivare anche ai primi anni ’90). Sappi che il direttore d’orchestra di quelle serate non fa più parte del Milan. Ai più sentimentali potrebbe venir giù qualche lacrima, come, quando ascoltando una canzone, ti rendi conto che il cantante ha abbandonato la musica.
IL PRIMO DEI TIFOSI – Esagerazione? No, perché Adriano Galliani non è stato un semplice Direttore Sportivo come gli altri. In Italia e, forse, in tutta Europa, come lui non c’era nessuno e nessuno continua ad esserci. Una vita sacrificata ai colori rossoneri. Il Milan per lui è stato la sua casa, lui per il Milan un padre, consigliere, amico e, ultimamente, anche capro espiatorio. Ha letteralmente venduto l’anima al “diavolo”, perché volendo, nel calcio degli sceicchi e dei petrol-euro, un impiego redditizio e con meno gatte da pelare (date le casse larghe) sarebbe stato facile da trovare. Non per Galliani, perché lui è il primo tifoso milanista, non un semplice addetto ai lavori. Tutti si ricordano le sue esultanze, che a differenza degli altri, sono emotive, di sfogo e che testimoniano l’amore che lui ha per quello che era il Milan. Già “era”, perché il Milan, almeno quello di una volta, non esiste più.
LA FIRMA SU TANTI TROFEI – Ragazzine di 29 anni che arrivano ai vertici con 0 esperienza di calcio, uno stile ,che ha sempre caratterizzato l’ambiente, letteralmente buttato nel “cesso” per poi tirare lo scarico (perdonate la forte espressione) da parte di un presidente occupato più dal punto di vista personale che sportivo, ma che comunque ha continuato a pretendere da un’auto ridotta a pezzi di andare a 300 all’ora.
E’ patetico vedere una formica che pretende di insegnare ad un gigante cos’è l’altezza. Cosi le parole di Lady B. hanno ferito il futuro ex-DS milanista nel profondo.
Tutti i successi, i trionfi e le coppe che il Milan può esporre nella sua bacheca, hanno la firma di Adriano Galliani.
LE PAROLE STANNO A ZERO – Errare humanum est: anche per il migliore sbagliare è quasi un diritto, non una semplice possibilità. Perché quando la società ti mette a disposizione pochi euro, il coraggio di spendere 10-15 milioni per prendere una promessa (che non ti offre garanzie perché non sai come giocherà) non puoi averlo, e devi rifarti all’usato sicuro. Se prima il Milan comprava Kakà (sconosciuto fino ad allora), Thiago Silva (incognita fino ad allora) Schevchenko e via discorrendo (dato che la lista, da Van Basten a Gullit, è lunga), ora non può più farlo, tant’è che, per dirne una, i 9 milioni con cui 1 anno fa si poteva prendere Strootman (seguito in primis dai rossoneri) non c’erano, e altri pallini sono rimasti tali dato che le altre squadre con i money sono arrivate prima. Quindi, più che accanirsi con qualcuno, sarebbe stato meglio farsi un esame di coscienza e anche ridurre lo sbraitare sugli osservatori a zero. Chi, in periodi di vacche magre, porta Ibra e Robinho a prezzo di saldo facendoti vincere uno scudetto e dando l’arrembaggio al Barcellona, non è di sicuro uno sprovveduto.Se il bilancio in tempi di fair play finanziario torna a sorridere (con giocatori del calibro di Balotelli, El Sharaawy in squadra), le parole stanno a zero.
IL MILAN NON È UN GIOCATTOLO – Elencare quello che Galliani ha fatto ed è per il Milan sarebbe impossibile in poche righe. Da vero signore si è sobbarcato il carico sulle spalle e quel carico gli è costato caro. Paga lui, lo Zio Fester (da tutti bonariamente chiamato cosi), anche per un allenatore che ha 0 giustificazioni (d’altra parte tutti avrebbero storto il naso di fronte alla panchina di Seedorf o altri con esperienza ai minimi), che comunque era il meno peggio sul mercato (ricordando che anche gli allenatori costano, e i soldi non ci sono).
Perché bisognerebbe far capire a qualcuno che il Milan non è un giocattolo, che dietro ci sono emozioni (dei tifosi) e vite, come quella di Galliani, sacrificate per la squadra.
Alla fine, però, come detto (e a questo punto anticipato) dallo stesso Galliani: I dirigenti passano, il Milan resta. Sarà dura abituarsi all’assenza sugli spalti, alle grida di rabbia e di gioia di chi ha rappresentato, con orgoglio e successo, i colori di una squadra.
Forse, alla prossima partita, il San Siro dovrebbe osservare un minuto di silenzio.
Luca Porfido
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