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Tyson si racconta e mette ko la boxe

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Mike Tyson

Lo volevo uccidere, ero fuori di me” confessa Mike Tyson nella sua Undisputed Truth (“L’indiscussa verità”), l’autobiografia che uscirà la prossima settimana negli Sati Uniti e di cui il britannico Daily Mail ha pubblicato alcune anticipazioni: obiettivo della furia omicida di King Kong – uno dei tanti soprannomi affibbiati al due volte campione del mondo dei pesi massimi – era Evander Holyfield, l’odiato rivale cui Tyson staccò un pezzo d’orecchio durante il celebre match di Las Vegas nel 1997. Ma non c’è solo tanta violenza nel racconto del fuoriclasse americano (quella del quartiere di New York in cui trascorse gli anni dell’adolescenza, innanzitutto, e delle sue gang), ma anche l’eccesso in ogni sua forma, dall’abuso di droga (“Ero sotto l’effetto della cocaina durante gli ultimi incontri più importanti. Agli esami del doping avevo sotto i pantaloncini un pene finto con la pipì fatta da un mio amico. Usavo quella per riempire le boccette degli esami ed è sempre andata bene”), alle innumerevoli performance sessuali: “ho amato migliaia di donne”, rivela Tyson con una punta di compiacimento, “persino in carcere”, aggiunge, quando la pena per lo stupro di una ragazza diciottenne veniva scontata dando “udienza” alle fan che quasi ogni giorno bussavano alla porta della sua cella, sia gratis che a pagamento (come nel caso dei diecimila dollari spesi per accedere alle grazie di una funzionaria dell’Antidroga).

Il famigerato morso di Tyson a Evander Holyfield

Il famigerato morso di Tyson a Evander Holyfield

DA BROWNSVILLE A HOLLYWOODDue titoli mondiali dei pesi massimi (1986 e 1989), 58 incontri disputati di cui 44 vinti per ko, 300 milioni di dollari dilapidati in spese folli (escort, gioielli, una villa con 14 stanze e 4 bagni con marmi di Carrara e rubinetti d’oro, 2 Ferrari, una Rolls, una mega-piscina a forma di guantone da boxe e persino una tigre bianca in giardino, ecc., ecc.) e in parcelle di avvocati, otto figli con quattro donne diverse, di cui la prima sorpresa a letto con Brad Pitt, tre anni di galera per stupro (ma il “Baddest Man on the Planet” urla a gran voce la sua innocenza: “Non ho mai abusato di Desiree Washington. Lei lo sa, Dio lo sa. E le conseguenze della sua azione sono una cosa con la quale dovrà convivere per il resto della sua vita”) e due tentativi di rentrée – l’ultimo nel 2005 – falliti sotto i colpi di avversari ormai troppo agguerriti per lui: se non fosse un uomo in muscoli ed ossa, Mike Tyson sembrerebbe il personaggio di un film da Oscar, l’incarnazione hollywoodiana del sogno americano che prima si realizza e poi diventa un incubo dal quale è difficile risvegliarsi: “Sono 90 giorni che non sto toccando nulla. È più dura che sul ring” – ammette Iron Mike – “Non sono affatto sicuro di vincere come quando affrontavo i miei avversari. Ho iniziato a frequentare solo alla fine dell’estate gli alcolisti anonimi e mi stanno aiutando immensamente. Sto soffrendo, ma ho ritrovato mia moglie Kiki al mio fianco. Voglio continuare a vivere la boxe come promoter, a occuparmi di spettacolo e cinema. Diventerebbe questa la mia vittoria più bella. Invecchiare bene, sentirsi un padre utile e un buon marito è la droga perfetta per ogni campione”.

REALISTIC PULP – Domanda: perché se Armstrong confessa di aver fatto uso di doping si scatena il putiferio anche sul ciclismo, mentre la stessa cosa non accade per Tyson e la boxe? E d’accordo che una cosa è l’epo e un’altra la cocaina (che non migliora affatto la prestazione sportiva), ma per la legge pari sono. Bah, stranezze del giornalismo sportivo. Eppure è noto a tutti che il doping corrompe il pugilato fin dalle fondamenta, per non parlare delle combine (ricordate Pulp Fiction e il pugile – impersonato da Bruce Willis – che rifiuta di piegarsi al diktat del boss e poi cerca di sottrarsi alla sua vendetta? Molto pulp, questo è sicuro, ma ben poco fiction, anzi decisamente realistic) e della lunga lista di praticanti – campioni e non – finiti sul lastrico, in galera o al cimitero, e la parabola umana e sportiva di Tyson è davvero istruttiva in tal senso. Malgrado ciò, ora tutti sparano sull’uomo che cerca di rialzarsi ma nessuno rivolge nemmeno un pensiero alla sua nobile arte.

LA LEGIONE STRANIERA DEGLI SPORT – Iron Mike è di Brownsville, un quartiere di Brooklyn noto per essere uno dei più violenti d’America. Tanto per dare un’idea, sono di Brownsville anche il leggendario Al “Bummy” Davis, Eddie Mustafa Muhammad (campione mondiale dei medio-massimi nel 1980), Ricky “Big Daddy” Bowe (campione del mondo assoluto nel 1992-1993), Shannon “The Cannon” Briggs (campione del mondo WBO nel 2006) e Zab Judah, campione assoluto dei pesi welter nel 2005: questi, naturalmente, sono solo i più famosi. La boxe salva i reietti, quindi, come vuole la retorica più logora e stantia, o piuttosto se ne serve? E’ una disciplina che recupera e nobilita, o un business che ricicla e poi consuma attingendo a piene mani da quegli stessi ambienti in cui i pirati reclutavano la ciurma? Attenua e corregge la rabbia di vivere, o semplicemente la incanala nella direzione “giusta”?

“EH, MA BORDIGNON MENA…” – Lo trovate su You Tube, si chiama “La nobile arte” ed è l’ultimo episodio del film “I mostri” di Dino Risi. Guardatelo: troverete le risposte alle domande di cui sopra, e non solo.

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Enrico Steidler

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